Neofascismo e neoliberismo a Bologna


Ripubblichiamo da Infoaut questa riflessione di Yuri Daltetto. Sebbene non condividiamo tutti gli enunciati del ragionamento di Yuri e ci pare che tralasci fatti rilevanti, ciò che invece condividiamo pienamente è la necessità di uno spazio di critica sincera e di confronto solidale. Anche per questo l’AAP ha forma di assemblea aperta e pubblica di chi coltiva idee antifasciste antirazziste antisessiste e vuole esprimerle nei diversi ambiti della società.

Chiudere CasaPound? Sì, ma facendo i conti con il neoliberismo bolognese

Ho aspettato alcuni giorni prima di intervenire pensando che il dibattito si sarebbe sviluppato e anche altre penne o voci si sarebbero aggiunte alle altre, ma non è stato così quindi proverò adesso a condividere qualche riflessione, qualche nota sparsa sulla questione “chiudere CasaPound”. Parto immediatamente dalle conclusioni del mio ragionamento e lo farò in modo diretto perché a Yuri Daltetto non va di fare ermeneutica: l’assemblea costruita dai compagni del Tpo “Chiudere CasaPound” così come è stata pensata e organizzata è stata un grave errore. Voglio spiegare il senso di questa affermazione senza la volontà di fare polemica, la città ne è stufa e non è l’argomento adatto, per evitare fraintendimenti e permettere alla discussione di muoversi senza singhiozzi.
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Le foibe e il profumo di regime


Lo scorso 10 gennaio l’Assessore alla Cultura del Comune di Pisa, a nome dell’Amministrazione comunale, ha deciso di negare l’uso della Biblioteca pubblica per la presentazione di un libro che raccoglie gli atti di un convegno nazionale tenutosi nel febbraio 2008 a Sesto San Giovanni (MI): il volume si intitola FOIBE. Revisionismo di Stato e amnesie della Repubblica, Atti del convegno «Foibe: la verità. Contro il revisionismo storico. Sesto San Giovanni (MI) 9 febbraio 2008», edito dalla KappaVu. Secondo noi è un fatto gravissimo. Leggi e firma l’Appello in difesa del diritto d’espressione.

Mentre si vietano dibattiti storiografici puntuali e documentati, a Roma il governo & il Blocco studentesco (CasaPound) indottrinano invece la gioventù offrendo agli studenti un nero, oblioso «Profumo d’Italia»: una due giorni per «ricordare» le Foibe, anzi per «creare un evento che porti ad una nuova memoria collettiva», ovvero una kermesse di propaganda creativa e manipolatoria. Ai futuristi di CasaPound piace reinventare quella seccatura del passato…

Ed ecco la loro «memoria condivisa»! Una passerella unilaterale di ministri, politicanti, neofascisti, pseudomedici in veste improbabile di storici, amministratori, ricconi: «il convegno moderato dal presidente della Consulta ha visto alternarsi sul palco personalità politiche come i ministri Giorgia Meloni e Mariastella Gelmini, il deputato triestino Roberto Menia, lo storico (!!!) e scrittore Vincenzo Maria De Luca, l’assessore capitolino Laura Marsilio, l’esule Alida Gasperini».

Alcune centinaia di studenti di varie scuole di Roma hanno però organizzato una manifestazione di protesta: «Contestiamo lo svolgimento di questa manifestazione perché è impostata su toni fortemente revisionisti ed è organizzata da studenti vicini all’ideologia fascista […]. Quest’anno la consulta studentesca ha pensato di trascurare la Giornata della Memoria preferendo spendere i fondi provinciali per questa due giorni, invitando la deputata Aprea firmataria del progetto di riforma scolastica».

Dopo essere stati bloccati dalla polizia di fronte al Palazzo dei Congressi, gli studenti si sono spostati alla sede della Consulta provinciale. Qui hanno manifestato il proprio dissenso con il lancio di uova e scritte antifasciste: «Fuori il fascismo dalle scuole. Noi non dimentichiamo».

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Un sabato qualunque


Ovunque prenda il sopravvento, la «sicurezza» nuoce gravemente alla salute fisica e mentale della collettività. Con Alemanno ora Roma è finalmente «sicura»…

A Civitavecchia sabato 31 gennaio un poliziotto ha ucciso a freddo un senegalese quarantaduenne, Chehari Behari Diouf.

Sempre il 31 gennaio, alle porte di Roma, un immigrato di 35 anni, Sing Navte, solito dormire nell’atrio della stazione di Nettuno, è stato picchiato selvaggiamente mentre dormiva, è stato cosparso di benzina e gli hanno dato fuoco: il raid, compiuto da tre persone, ha matrice razzista ed è stato premeditato e studiato nei minimi particolari.

Ancora il 31 gennaio un gruppo di 7-8 fascisti ha aggredito due ragazzi a Frascati che tornavano a casa. Gli aggressori si sono avvicinati chiedendo se i due fossero antifascisti e, ancor prima di avere risposta, hanno lanciato un sasso colpendo alla testa uno dei ragazzi e proseguendo il pestaggio con calze piene di sabbia e altri arnesi (l’aggressione era dunque premeditata). I due aggrediti hanno riportato varie contusioni e il ragazzo colpito dal sasso un lieve trauma cranico e quattro punti di sutura. Nonostante non si trattasse di militanti antifascisti, il fatto è probabilmente legato al presidio svoltosi lo stesso pomeriggio a Grottaferrata, dove la scuola Sacro Cuore ospitava la presentazione del mistificante video di CasaPound e Blocco Studentesco su Piazza Navona.

Anche a Teramo i neofascisti cercano di recuperare un po’ di agibilità politica con l’unico metodo che conoscono, cioè le aggressioni ai ragazzini. E se non gli riesce il sabato sera, li vanno a cercare fuori dalle scuole il lunedì mattina. Vedi Indymedia Abruzzo.

Raid, aggressioni, pestaggi, omicidi, stupri. È l’altro lato del razzismo populista e del sessismo patriarcale diffusi in questi anni dai neofascisti e dal governo…

Intanto a Torino i poliziotti caricavano un corteo di migranti al grido di “Negri di merda vieni qua!”, "Zecca!", “Dove scappate conigli”…

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Contrastare il neofascismo si può!


Oggi «chiudere CasaPound» vale anzitutto come metafora: vuol dire contrastare nella testa della gente ogni spazio per idee nazionaliste e pratiche razziste e sessiste. Vuol dire chiudere gli spazi di agibilità sociale e mentale per chi predica e pratica, palesemente o meno, l’odio e l’intolleranza.

A Treviglio, nella Bassa bergamasca, è bastato un volantinaggio per smascherare le “chiacchiere” demagogiche dei neofascisti: «Circondati da digos e carabinieri i fascisti hanno cercato di smerciare il loro pane, ma ogni persona da loro avvicinata è stata informata della vera natura dei “benefattori”: le reazioni sono andate dallo strappare il volantino di CasaPound e mangiare il pane alla faccia loro, alla restituzione con tanto di lancio del sacchetto».

Ad Avezzano, in Abruzzo, l’Orsa ha affisso volantini e uno striscione contro la campagna demagogica per il «mutuo sociale» (chi fa fatica a pagare l’affitto, non può certo permettersi di comprare una casa, anche con un mutuo agevolato).

Giustamente Marginalia segnala l’ipocrita campagna neofascista Tempo di essere madri che sta per transitare anche per Bologna e Parma. Un progetto di legge populista (riduzione dell’orario di lavoro da 8 a 6 ore a parità di salario per le «madri» italiane) che nemmeno tiene conto dell’effettiva situazione dell’occupazione femminile in Italia e del ricatto – spesso al femminile – del lavoro nero, del precariato, della flessibilità. Ed esclude ovviamente le donne migranti… Senza parlare poi della galanteria dei picchiatori fascisti.

D’altronde, CasaPound pare totalmente in linea con i piani autoritari del governo: promuovere aggregazioni giovanili finto-ribelli e criminalizzare o chiudere ogni esperienza di centri sociali occupati o autogestiti. Da Milano fino a Catania. Non a caso, a Roma lo stato regala ai neofascisti «non conformi» di CPI lo stabile ex Enel occupato due anni fa: l’operazione costa 600.000 euro

Contrastare il neofascismo si può, con l’azione sociale e la solidarietà di tutti gli oppressi!

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Negazionisti e antisemiti a Verona


A Verona la giunta comunale applica il Vangelo alla lettera: «Non sappia la tua mano sinistra quel che fa la destra (Matteo 6, 3)».

Il sindaco Flavio Tosi è infatti dotato di ben due mani, ma forse soffre anche di una profonda scissione della personalità. Con una mano ricorda l’olocausto e con l’altra stringe la mano al prete negazionista don Floriano Abrahamowicz. Con una mano ricorda le vittime della Shoah, con l’altra nega l’ingresso al Palazzo della Gran Guardia agli attivisti del Circolo Pink che vogliono ricordare lo sterminio degli omosessuali durante il nazismo. E forse, durante la Giornata della Memoria, il sindaco indossava ancora sotto la giacca la maglietta «Noi Romeo e Giulietta. Voi Sodoma e Gomorra», la stessa che ostentava in mezzo ai tradizionalisti che blaterano di camere a gas come fossero state beauty-farm… Chissà?

Secondo don Floriano Abrahamowicz «le camere a gas servivano per disinfettare» (vedi Dazebao).

Secondo don Floriano Abrahamowicz Erich Pribke, il boia delle Fosse Ardeatinenon sarebbe un boia: «purtroppo è uno dei più tristi aspetti della guerra quello delle rappresaglie e chi lo fa con rammarico, con il cuore pesante, non gli darei l’epiteto “boia”». Per il caritatevole don Floriano, basta il cuore pesante per giustificare 335 omicidi.

Ecco alcune testimonianze dell’odio omofobico della destra veronese.
E su Verona leggi anche il saggio di E. Del Medico, All’estrema destra del padre.

E, come osserva Veronainforme, forse il sindaco Tosi porterà oggi il suo schizofrenico saluto al convegno cittadino della Fiamma Tricolore, dove comunque parlerà il fiero fascista Miglioranzi, capogruppo della lista Tosi. Sui banchetti del convegno verranno esposti i libri delle edizioni di AR, testi negazionisti pubblicati dal neonazista Franco Freda come Auschwitz: fine di una leggenda oppure Aspetti della questione giudaica: «una eccellente ricognizione storico-filosofica sull’imperialismo culturale del popolo giudaico, su quel suo ostinato esclusivismo razzistico che, dal volontario radicamento e dall’ossessiva autoreclusione nei ghetti europei, ha condotto una minuscola stirpe medio-orientale al potere mondiale».

Anche L’Ombroso si chiede: ma quale memoria? Già, «il sindaco saluta commosso gli ex deportati e il suo subalterno [Miglioranzi] gli dà subito dopo dei contaballe? Senza vergogna».

La nostra solidarietà al csoa Lachimica, al Circolo Pink e a tutti gli antifascisti veronesi!

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Quegli esorcisti di CasaPound…


Pur di demonizzare l’antifascismo, si sa, CasaPound non va tanto per il sottile e cerca amicizie a destra e a manca.

«Perché abbiamo invitato Morucci? Innanzitutto perché ci ha annunciato un appello importante», spiega il leader Gianluca Iannone, «l’invito a mettere fine al meccanismo diabolico dell’antifascismo, un meccanismo che lui ha detto esplicitamente di condannare. Si parla tanto di riconciliazione nazionale: superare l’antifascismo è un passaggio obbligato»… E per chi non si adegua, olio di ricino e spranghe tricolori!

Lasciamo pur perdere come certi personaggi – tra i quali vi è certo Valerio Morucci – abbiano sovradeterminato e bruciato le lotte sociali e le speranze rivoluzionarie della loro generazione. Per noi l’autoritarismo, la gerarchizzazione, il credersi avanguardia è sempre un errore. Alla lunga conduce sempre in devastanti vicoli ciechi, nel cesso della storia. D’altronde, asinus asinum fricat.

Resta il fatto che i «fascisti del terzo millennio» di CasaPound si atteggiano costantemente a «vittime». Anzi, preparano e pianificano la scena commovente della loro «vittimizzazione» mediatica. Pensate solo a Piazza Navona: prima un po’ di infiltrati nel corteo che compiono provocazioni coperte e pestaggi fuori scena per suscitare risposte; poi la recita alla luce del sole in piazza Navona, in modo da figurare come vittime innocenti ed eroiche di una tetra aggressione comunista (con camerati già pronti a filmare comodamente su una terrazza, a tal punto il set – il luogo, l’ora, la luce – era predisposto a tavolino). E gli è andata male solo perché alcuni filmati e testimoni hanno documentato l’esatto svolgersi dei fatti.

Ma dietro tutto questo artefatto vittimismo mediatico di CasaPound, vi è la rivendicazione del diritto preventivo di reagire. Vi è la pretesa di essere esorcisti contro le mille forme del «diabolico» (stranieri, “diversi”, antifascisti, capelloni, malvestiti, antipatrioti, spiriti critici, ecc.). Vi è l’autoritarismo violento di chi ha deciso quale deve essere, per tutti e per ciascuno, il «passaggio obbligato». Eh sì, «liberi pensieri», ma nessuna critica, nessuna effettiva libertà! Avanti, march!

Come già abbiamo scritto, la presunta «riconciliazione nazionale» propagandata da neofascisti e «democratici» è in realtà un programma autoritario di liquidazione dei valori dell’antifascismo. Secondo la regola bipartisan della «pacificazione», chi avanza la minima critica antifascista deve essere trattato come residuato bellico: un intollerante, un sedizioso, un barbaro che vuole distruggere la convivenza civile, l’Umanità, la Cultura, la Patria, etc. La logica del dialogo bipartisan è diventata ben presto, anzi fin da subito, un progetto conformista e normativo di criminalizzazione della critica. A ciò si aggiunge il conformismo dei «non conformi»: con una mano la «riconciliazione»; con l’altra, invece, la spranga tricolore o le cinghiate contro studenti ragazzini…

Ma queste pratiche sono vecchie. Altro che futuristi. CasaPound, come si vede, è solo una conventicola di passatisti reazionari e nostalgici. Con sopra una manciata ipocrita di parole in libertà. «Quando rimpiangete qualche cosa», scriveva Filippo Tommaso Marinetti nel 1905, «è già un germe di morte che portate in voi stessi».

Eia eia alla larga!
Eia eia alla larga!
Eia eia alla larga!

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À la mémoire de Desnos


Ripubblichiamo da Incidenze questa pagina in memoria del surrealista libertario Robert Desnos, resistente francese, poeta e scrittore tra i più grandi della sua generazione, prima deportato al campo di Auschwitz, poi a quello di Flossenbürg, infine a Flöha in Sassonia. Nel 1945 raggiunge, con una marcia forzata, il campo di Terezín (oggi nella Repubblica ceca) dove muore di stenti l’8 giugno 1945 (un mese dopo la liberazione del campo da parte delle truppe sovietiche).

Alena Kaluskova Tesarova

À la mémoire de Desnos
Alla memoria di Desnos

Terezin è uno dei nomi che nessuno, nel nostro paese, saprebbe pronunciare con indifferenza. Durante l’Occupazione, la Gestapo, che affollava ancora troppo le prigioni della capitale, aveva fatto della fortezza una prigione, mentre la città veniva trasformata in ghetto. E migliaia di esseri umani continuavano il loro viaggio verso i tribunali del Reich, verso i campi di concentramento o, più semplicemente, verso la morte se un prode nazi aveva voglia di provare la sua giberna nuova. Verso la fine della guerra, man mano che avanzava il fronte occidentale, lunghe file di prigionieri sfilavano in marce della morte verso le prigioni più a est e anche verso Terezin.

Robert Desnos era tra questi.

Dopo la Rivoluzione di maggio, la città e la fortezza furono trasformati in un immenso ospedale. In ciascuna delle sue baracche sud in cui lavoravo, c’arano quatto file di letti primitivi. All’inizio, il numero degli scheletri, vivi o morti, che combattevano o no contro il tifo, la dissenteria, la tubercolosi ed altre malattie oltrepassava il centinaio in ogni baracca. Si conversava in jiddish francese, polacco, ungherese, romeno, greco. Eravamo in numero insufficiente per apportare loro le nostre cure e il lavoro non era né semplice né facile. Arrivavamo a dimenticare che esisteva un’altra vita da quella fatta dei giorni e delle notti trascorsi al capezzale dei malati e di qualche ora di sonno su un materasso di carta. Il quattro giugno, verso le cinque del mattino, un nome mi catapultò nell’anteguerra: il mio collega che quella notte lavorava per la prima volta nella baracca vicina alla nostra, venne ad annunciarmi che esisteva, tra i malati, un certo Desnos. Quando gli chiedemmo se conosceva il poeta francese Robert Desnos, rispose: «Sì, sì! Robert Desnos, poeta francese, sono io!».

Robert Desnos era come gli altri, smagrito, sfinito, i grandi occhi languidi nelle orbite profondamente infossate, le mani, lunghe e belle, straniere, e già morte sulla coperta. Ma gli occhi brillavano d’altro che di febbre e la sua bocca stupita sorrideva, sorrideva…

Chiamava quest’alba grigiastra il suo «mattino più mattinale», esprimeva la sua gioia di sentire il mio francese non molto meraviglioso, e di smetter d’esser un animale numerato per ridiventare il poeta Robert Desnos. Cosa tanto più curiosa in quanto accadeva in un paese straniero, in cui non pensava di incontrare lettori ed amici al di fuori del mondo letterario. Non si lamentava, chiedeva soltanto più da bere.

La conversazione volse alla letteratura, ci raccontava quel che sapeva dei suoi amici, ci interrogava sulla letteratura ceca e si divertiva a immaginare l’uomo e l’opera in base alle risonanze dei nomi dei nostri poeti. Dopo il suo ritorno in Francia, di cui non dubitava,voleva andare in campagna e compiere un lavoro piuttosto fisico. E non è che più tardi, «quando tutto quel che egli avrà visto e vissuto sarà ben maturo in lui», che avrebbe cominciato a considerare di iniziare a scrivere una nuova opera. Ma prima di tutto, bisognava vivere e ci prometteva di essere un altro Desnos «quando verremo a vederlo, un giorno». Del suo lavoro nella Resistenza, non ci parlò che una sola volta, ci confidò che i nazisti non erano venuti a sapere il suo più importante «crimine».

I giorni successivi, facemmo tutto quel che era in nostro potere per alleviare le sue sofferenze fisiche e morali. Cercammo di distrarlo: il più delle volte mi chiedeva di «raccontargli delle storie». E io rievocai i miei ricordi, inventai al bisogno, tentai di evocare un mondo di bellezza, dove è normale essere vivi oggi e domani, dove una parola, un’armonia, un colore possono diventare dei problemi importanti perché il vostro stomaco non vi costringe a pensare alla fame, il vostro dolore alle piaghe, il passo dei nazisti alla morte.

Ascoltava e sorrideva di tempo in tempo, voltava coraggiosamente, e con quella nobiltà che gli è peculiare, la schiena alla miseria. Si mostrava degno, fiero, grande.

Un giorno, gli portai una povera piccola rosa, unica testimonianza della bellezza che avevo potuto scoprire dietro il filo spinato. Amava quel fiore con tutta la sua speranza. Non voleva che la portassi via, benché essa l’indomani fosse avvizzita. Fu incenerita col suo corpo…

Perché tutto era vano. La dissenteria era troppo forte per il suo corpo stremato. Dopo una lunga agonia, l’alba dell’otto giugno sentiva l’ultimo battito del suo cuore.

In “Signes du temps”, n. 5, 1950. Rieditato in Robert Desnos, Œuvres, a cura di Mairie-Claire Dumas, Paris, Gallimard 1999.

Traduzione italiana di Rudy M. Leonelli, per il giorno della memoria, 2009.

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31 gen 09: la persecuzione dei neri sotto il Reich nazista


Nella ricorrenza della giornata della memoria
il Centro Interculturale Zonarelli, l’Assemblea Antifascista Permanente e l’Associazione Sopra i Ponti promuovono l’iniziativa:

LA PERSECUZIONE DEI NERI IN EUROPA SOTTO IL REICH NAZISTA

La presenza di africani, antillani e afroamericani in Europa al tempo del Reich, vittime di persecuzione, uccisi, sterilizzati o deportati nei lager, a volte per la loro militanza antifascista, ma molto più spesso solo per il colore della loro pelle, è un aspetto ancora poco conosciuto della storia dello sterminio nazista. Il dovere della memoria si impone per le vite e le storie di tutte queste persone.

Sabato 31 gennaio, ore 20,00
presso il Centro Interculturale Zonarelli
Via Sacco 14 – Quartiere San Donato – Bologna

con:

– Proiezione del documentario di Serge Bilé Noirs dans les camps nazis e introduzione ai temi contenuti nel libro omonimo;
– Intervento di LUCA ALESSANDRINI (direttore dell’Istituto storico Parri) su “Il razzismo italiano in epoca fascista”;
– Intervento di ANTAR MOHAMED MARINCOLA su “La storia di Giorgio Marincola, unico partigiano nero della Resistenza italiana”;
– Intervento del Coordinamento Migranti sulle odierne politiche di discriminazione dei diversi e degli stranieri in Italia.

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Parte la campagna per la chiusura di CasaPound

Riporta Zic.it: Era gremita ieri sera la Sala del Baraccano all’assemblea pubblica «Chiudere CasaPound. A Bologna e ovunque. Ora» promossa dal Centro Sociale Tpo. E’ il punto di partenza di una mobilitazione cittadina contro la formazione neofascista che ha aperto una propria sede in Porta Castiglione: il primo passaggio sarà sabato 7 febbario, giornata che sarà dedicata ad informare il qiuartiere e chi lo vive della sgradita presenza. Dure prese di posizione del presidente di quartiere Forlani.

Su Zic.it la registrazione audio di tutti gli interventi

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Lettera al cortese dirigente Claudio Buttazzo


«Gentile Del Prete» e «Con stima» sono le prime e ultime parole di una lettera che Claudio Buttazzo, dirigente bolognese di Rifondazione comunista, ha scritto a un responsabile di Gioventù Italiana,
non quella del Littorio, ma la omonima sezione giovanile del partito La Destra.
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