Lettera al cortese dirigente Claudio Buttazzo


«Gentile Del Prete» e «Con stima» sono le prime e ultime parole di una lettera che Claudio Buttazzo, dirigente bolognese di Rifondazione comunista, ha scritto a un responsabile di Gioventù Italiana,
non quella del Littorio, ma la omonima sezione giovanile del partito La Destra.

Buttazzo vi afferma la necessità imprescindibile del «rifiuto categorico della violenza». Cavoli! È una lettera scritta per ammansire le aree del neofascismo così aggressive di questi tempi? No, nient’affatto. «Appartengo a una generazione, quella degli anni Settanta, che ha visto cose raccapriccianti».
Piazza Fontana? Piazza della Loggia? Le stragi di gente innocente nelle stazioni (Bologna) e sui treni (Italicus…)? Bande di “rivoluzionari neri” che ammazzavano persone per noia o perché avevano risposto male?… No
, è l’antifascismo militante… «fatti tremendi, tragedie inenarrabili».

Spesso, però, è nel vuoto e nel non detto che si celano i significati più importanti. Infatti, la “memoria straziata” del nostro dirigente di partito, dopo aver rimosso accuratamente ogni crimine degli anni ’70 non imputabile ai “rossi”, riesce a chiudere il cerchio facendo tabula rasa di tutto quanto è accaduto negli ultimi anni.

Non una parola sul presente o sul passato prossimo. Chi guarda agli ultimi vent’anni, infatti, non trova alcun episodio di brutalità antifascista. Trova invece una sequenza impressionante di violenze e omicidi fascisti, razzisti, sessisti. Negli ultimi mesi, anche a Bologna ci sono stati numerosi pestaggi, alcuni attuati persino da dirigenti di partiti di destra. Incessanti sono le aggressioni razziste e sessiste, le minacce, le svastiche, gli attentati incendiari contro i negozi gestiti da migranti.

Episodi che né Gioventù italiana, né La Destra, né Alleanza Nazionale hanno mai avuto il coraggio o la voglia di condannare pubblicamente. Anzi, hanno più volte rifiutato di farlo. Quindi né «gentile» né «stima» sono parole adatte. Non sono parole nonviolente. Non sono parole cortesi. Sono parole complici con chi copre la violenza.

Ma forse ci sbagliamo. È solo una questione di cortesia. Non sta bene, cercando di farsi amico qualcuno, ricordargli che i suoi sodali, simpatizzanti e antenati hanno ammazzato o aggredito tantissime persone “diverse” e continuano a soffiare sul fuoco del razzismo e della xenofobia, contribuendo ad accrescere il numero ormai esorbitante delle vittime!

Forse per troppa gentilezza d’animo il dirigente Buttazzo dimentica le uccisioni recenti di Dax (17 marzo 2003), di Renato Biagetti (27 agosto 2006), di Nicola Tommasoli (1 maggio 2008), di Giuliano Bruno (5 maggio 2008), di Abdul Salam Guibre (14 settembre 2008)…

Ma, alla fine, il gentile Buttazzo spiazza tutti chiudendo così la sua lettera: «la persona umana va rispettata, sempre, perché è un bene cha sta al di sopra di tutto. D’altra parte, l’esperienza storica dovrebbe inequivocabilmente averci insegnato che si può uccidere una persona, ma non le sue idee [noi diremmo anche: la sua diversità, la sua singolarità]. È per questo che la violenza è stupida, oltre che moralmente esecrabile. Certo, ci saranno sempre degli imbecilli che penseranno il contrario. Ma dobbiamo fare in modo che il loro numero si riduca sempre di più».

Capperi! Aveva fatto di tutto per ingraziarseli: scavato nei meandri della memoria, rimosso tutto il possibile, saltato steccati e fossi a piè pari… Ma alla fine «la persona umana è un bene che sta al di sopra di tutto». Siamo sicuri che Dax, Nicola, Renato e le tantissime altre vittime della violenza neofascista razzista e sessista non possono che essere d’accordo!

Quanto agli anni ’70, consigliamo a Buttazzo di leggersi attentamente il libro Cuori rossi di Cristiano Armati (Newton & Compton, 2008) e poi magari di rileggere la sua lettera e dare un’occhiata alla cronaca: scoprirà molte «cose che, davvero, io non vorrei più vedere». E nemmeno noi.

Anche per noi è importante «restare umani». Ma cosa ben diversa è farsi strumentalizzare da gruppuscoli neofascisti, xenofobi, razzisti, nazionalisti, sessisti, omofobi, revisionisti, che si ricordano oggi di Jan Palach (che era un comunista antisovietico e libertario!) solo per nascondere da dove vengono, cosa hanno fatto e cosa fanno…

Broccoletti! Ma forse non è neppure cortesia. C’è anche un’altra ipotesi. Che il gentile Buttazzo abbia pensato di fare qualcosa di inedito e generoso verso due poveri giovani smarriti nelle nere nebbie di quest’epoca. Tuttavia, questo buonismo dialogante che oggi ci presentano come “nuovo” e magari originale, in realtà si iscrive nella monotona e martellante riproposizione del programma di liquidazione dei valori dell’antifascismo. È la norma bipartisan della «pacificazione» secondo la quale chi avanza la minima critica antifascista viene trattato come residuato bellico: un intollerante, un sedizioso, un barbaro che vuole distruggere la convivenza civile, l’Umanità, la Cultura, la Patria, etc. La logica del dialogo bipartisan è diventata ben presto, anzi fin da subito, un progetto conformista e normativo di criminalizzazione della critica. E certe gentili aperture, come quella di un membro del PD o quella pessima di Italo, non fanno che accentuare una forma opprimente e pericolosa di conformismo… Già, il conformismo dei «non conformi»… Con una mano la «pacificazione»; con l’altra, invece, la spranga tricolore…

Che il nostro unico grido sia: Eia Eia alla larga! (come diceva – parodiando l’insensato e futurista Eia Eia Alalà! delle camicie nere – l’ebreo antifascista e antisionista modenese Angelo Fortunato Formiggini, suicida nel 1938 per protesta contro le leggi razziali, secondo cui «l’umorismo è la massima manifestazione del pensiero filosofico»).

Eia Eia alla larga!
Eia Eia alla larga!
Eia Eia alla larga!

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