Barbarie mai più


Oggi il revisionismo è ormai un fatto ordinario e quotidiano che non riguarda più solo il passato remoto o il passato prossimo, ma anche quello che succede ogni giorno. Pensate che due anni fa la Corte di Cassazione ha sentenziato che «l’espressione “sporco negro” – pronunciata da un italiano mentre aggredisce persone di colore alle quali provoca serie lesioni – non denota, di per sé, l’intento discriminatorio e razzista di chi la pronuncia perché potrebbe anche essere una manifestazione di “generica antipatia, insofferenza o rifiuto” per chi appartiene a una razza diversa». Insomma, non è razzismo.

Alessandro Portelli
sul Manifesto spiega così questa tecnica revisionista applicata all’attualità: «La strategia discorsiva è la stessa seguita dal tribunale californiano nel caso Rodney King (quello che scatenò la rivolta di Los Angeles): suddividere un evento unitario in frammenti distinti in modo da separarne causa ed effetto e renderlo incomprensibile. In questo caso, le botte e le parole non fanno più parte di un medesimo processo, ma sono due cose separate e senza relazione fra loro: non danno le botte perché la vittima è comunque ai loro occhi uno “sporco negro”, ma da una parte hanno verso di lui una “generica antipatia” e dall’altra lo ammazzano, però l’una cosa con l’altra non c’entra».

Ma ovviamente le raffinate tecniche mediatiche non escludono anche metodi più rozzi e autoritari, che divengono anzi complementari alla continua revisione orwelliana della memoria. Così, la direttrice di Versilia Congressi, attivista di AN, sembra abbia tentato di sbullonare la lapide in marmo che commemora i 560 morti e condanna la barbarie nazifascista della strage di S. Anna di Stazzema collocata all’interno del Centro Congressi Principe di Piemonte: sopra c’è scritto «Barbarie mai più».

Per lottare contro la barbarie razzista, il revisionismo montante, le violenze e le menzogne del neofascismo:

Bologna, 24/09 h 21
Riunione AAP c/o Atlantide, P.zza di P.ta S.Stefano

Ravenna, 26/09 h 16
Presidio antifascista e antirazzista, in P.zza Mameli

Bologna, 28/09 h 16
Giornata di informazione, storia e musica antifascista, in Piazza dell’Unità

Roma, 30/09 h 17
WALTER ROSSI 30 Settembre 1977: contro ogni fascismo, in P.le degli Eroi – M. Cipro

Roma, 4/10 h 14
MANIFESTAZIONE NAZIONALE ANTIRAZZISTA

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Bologna antifascista: 28/09 P.zza Unità h 16


ANTIFASCISTI, PARTIGIANI, COMPAGNI, CITTADINI

Giornata di informazione, storia e musica antifascista
Domenica 28 settembre
Piazza dell’Unità – dalle ore 16

Dopo l’omicidio a Verona di Nicola Tommasoli, aumentano le aggressioni di stampo fascista. Sono avvenute 28 aggressioni soltanto negli ultimi 4 mesi, mentre sono 90 in totale gli episodi (tra aggressioni e atti vandalici) dall’inizio dell’anno. Non cambiano gli obiettivi dei neofascisti: immigrati, omosessuali e compagni; né le modalità che li contraddistinguono: agguati, lame e vigliacche aggressioni alle spalle.

Domenica in piazza dell’Unità a Bologna, promuoviamo una giornata ANTIFASCISTA con racconti, parole, suoni e canti per fare luce e chiarezza sulle losche trame di una cultura e un agire fascista che sta dilagando nelle nostre comunità, per ripercorrere le storie di resistenza degli Arditi del popolo che spontaneamente si sollevarono per impedire l’avanzata fascista, difendendo la propria dignità e libertà.

xm24

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Il senatore nazirock


Questa mattina alcuni quartieri romani – fra i quali la zona Trieste e piazza Bologna – si sono risvegliati con i muri tappezzati di manifesti a sfondo nero con sopra una scritta in carattere bianco: “Io ho il cuore nero, me ne frego e sputo in faccia al mondo intero”. Nessuna firma, eccezion fatta per una grande croce celtica alla fine della frase. Che, per chi non la conoscesse, fa parte di una canzone del gruppo “270 bis” (il riferimento è all’articolo del codice penale che riguarda il reato di banda armata), resa celebre dal documentario “Nazirock”.

In quelle riprese, a cantarla, c’era Martin Avaro, dirigente nazionale e responsabile romano di Forza Nuova, che questa mattina, raggiunto al telefono, non sembra essere sorpreso: “È un’iniziativa che non nasce da una mia idea, ma comunque da ambienti interni a Forza Nuova”. Ed è dedicata al presidente della camera Gianfranco Fini, e alle sue parole sull’antifascismo.

“Penso che sarà contento di vedere quei Manifesti – afferma ironico avaro – perché quella canzone è stata scritta da Marcello De Angelis, attualmente senatore della repubblica eletto tra le fila di AN: a me mi hanno messo in croce perché l’ho cantata, ma non capisco perché se la canto io sono un criminale e se la canta un senatore è un eroe”.

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Intanto, una studentessa antifascista ha subito cominciato a staccare i manifesti tra l’approvazione di alcuni passanti. E noi, pur da lontano, la ringraziamo.

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Ravenna: presidio venerdì 26 h 16


RAVENNA CONTRO FASCISMO, RAZZISMO, CRIMINALIZZAZIONE DI GIOVANI E IMMIGRATI
da Indymedia ER

L’attuale riabilitazione e rivalutazione storica del fascismo è ben lontana dall’essere un’innocua operazione nostalgica ma ha lo scopo, cancellando la Resistenza, di affermare una continuità con l’Italia di oggi. In nome della patria, tricolore, Italia in guerra, ordine-sicurezza, famiglia, si sta edificando un nuovo regime e la subordinazione a questo degli interessi e condizioni dei lavoratori, dei giovani, delle donne e in generale delle masse popolari. La fascistizzazione in atto, con l’opera di revisionismo storico aperta dalla sinistra precedentemente, punta a distruggere ogni reale opposizione sociale, politica e sindacale. Tutto questo, unito all’operato del governo e dei governi locali che emanano leggi e ordinanze razziste, da caccia all’immigrato, securitarie, repressive delle libertà individuali in nome di una politica di ordine-sicurezza, legittima e si serve delle carogne fasciste.

Questa estate a Ravenna un punk viene picchiato in pieno centro, mentre a Marina di Ravenna un gruppo di studenti viene picchiato perché si indigna di fronte ai saluti romani e ai cori “in onore” del duce. Nella nostra città due giovani anarchici criminalizzati perché hanno idee proprie libere dalla cultura dominante e sostengono, con due scritte, che la guerra non sia un atto di civiltà né di democrazia… e che lo stato sia terrorista, per questo la municipale li denuncia: ora con l’art. 291 del c.p. rischiano la reclusione da 1 a 3 anni per vilipendio alla nazione! Ma le scritte fasciste, le celtiche, le svastiche, quelle non danno fastidio a nessuno?! Evidentemente no, perché ciò che esprimono è utile e al servizio dell’attuale sistema e chi le fa è servo, sporca manovalanza di strada di uno stato di polizia moderno fascista che alimenta odio razziale e criminalizza immigrati, giovani, lavoratori, chiunque si ribelli allo stato di cose presente.

CONTRO LA CRIMINALIZZAZIONE DEI DUE GIOVANI ANARCHICI E IN LORO SOLIDARIETÀ
CONTRO LA CRIMINALIZZAZIONE DEI GIOVANI
CONTRO LA MUNICIPALE E IL SUO OPERATO REPRESSIVO NEI CONFRONTI DI GIOVANI E IMMIGRATI

:::: Presidio davanti alla sede provinciale della polizia municipale ::::
P.zza Mameli, venerdì 26 alle ore 16
RAF Ravenna mail: rafravenna at interfree punto it
3339680871-3482432898

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I nuovi razzisti non passeranno!


Ieri si sono tenute due straordinarie manifestazioni antifasciste e antirazziste. A Colonia sono stati messi in fuga i neonazisti convenuti da tutt’Europa. A Milano miglia e migliaia di persone hanno manifestato la propria rabbia per l’omicidio razzista di Abdoul. Conclusa la manifestazione, centinaia di persone, soprattutto giovani neri, hanno dato vita a un corteo non autorizzato dirigendosi verso il bar “Shining” di via Zuretti. I nuovi razzisti non passeranno!

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A Cento prosegue la fascistizzazione toponomastica


Niente vie che si richiamino al comunismo. È passato nel consiglio comunale di Cento un ordine del giorno della Lega che inibisce la denominazione di strade e piazze di Cento a persone che fanno riferimento al comunismo. In base a questa delibera rischia di sparire l’unica via di Cento che ricadrebbe in tale “casistica”, cioè via Gramsci.

Intanto, la destra ha provato a intitolare una strada al gerarca fascista Igino Ghisellini, che morì in un’imboscata nel ’43 e “per vendicarne l’uccisione vennero fucilati 11 antifascisti. La magistratura ha dimostrato che la morte di Ghisellini avvenne per una faida interna al fascismo ferrarese”.

Più informazioni su Incidenze.

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Anche la camorra è razzista?


Sei immigrati africani sono stati brutalmente uccisi dalla camorra giovedì sera a Castelvolturno in provincia di Caserta. Circa 130 proiettili esplosi da sei-sette killer, a bordo di almeno un’auto e una moto. Travestiti da carabinieri, sono entrati in una piccola sartoria e hanno massacrato tutti coloro che erano all’interno. E già il 18 agosto scorso nel centro di Castelvolturno alcuni sicari avevano ferito a colpi di pistola e fucile cinque immigrati senza provocare morti.

A prima vista si potrebbe credere a un regolamento di conti tra bande rivali. Anzi le forze dell’ordine lo hanno dichiarato subito. Tuttavia, quante volte poliziotti e giornalisti hanno liquidato aggressioni unilaterali di evidente stampo razzista e/o fascista come “rissa tra balordi”, equiparando aggrediti e aggressori, assassini e vittime? Diciamolo pure: spesso e volentieri.

Steven, ghanese, fa il giardiniere e dice che suo nipote Giulios, 32 anni, una delle vittime “era un bravo ragazzo. Non ha mai fatto nulla di male, non è un criminale”. Steven mostra le sue mani per dimostrare che “noi qui ci ammazziamo di fatica, non siamo certo dei camorristi”. Ripete la stessa storia anche Cristopher, 28 anni. Lui conosceva Alaji, 28 anni, un’altra delle vittime. “Lavorava nel negozio di sartoria, era alla macchina da cucire quando è stato ammazzato – racconta Cristopher – la camorra? Forse cercava qualcun altro ma di certo nessuno dei nostri amici”.

Insomma, gli immigrati di Castelvolturno non ci stanno e denunciano il razzismo dilagante che stanno vivendo sulla loro pelle. Danno vita a una manifestazione che sfila per 10 km gridando “italiani bastardi” e “basta razzismo”. Giunti dinnanzi al luogo del massacro, frantumano le vetrine di alcuni negozi e rovesciano qualche auto tra le strade cittadine. Tra i manifestanti vi sono anche famiglie, donne e bambini. “Vogliamo giustizia – protestano – non è vero che i nostri amici ammazzati spacciavano droga o erano camorristi. Sono state dette tutte cose false”. Gli immigrati, soprattutto africani, continuano a puntare il dito contro chi oggi li accusa di spacciare droga. “Noi siamo persone perbene, non è giusto che ogni volta che si parla di droga – sono le loro parole – siamo noi i colpevoli e questo solo perché è nero il colore della nostra pelle. Questo è razzismo”.

Giustamente c’è chi invita a non archiviare questa anomala strage di camorra. D’altro canto, occorre dire anche questo: la collaborazione tra camorra e neofascisti non è certo un fatto nuovo, basti pensare alla Strage di Natale del 1984. I camorristi di Castelvolturno potrebbero pure essere razzisti, potrebbero uccidere per futili motivi razzisti: non per un biscotto, ma per uno sguardo, una parola, un moto di rivolta. Non sarebbe la prima volta. Molti a Castelvolturno ricordano la morte di Job Augustine, nigerino, gambizzato nella vicina Giugliano per “futili motivi” e deceduto poi in ospedale. Vedi Indymedia Napoli.

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Bolivia: neofascista italiano dietro il massacro degli Indios


Il presunto manovratore del massacro di contadini avvenuto l’11 e il 12 settembre nel dipartimento boliviano di Pando, all’altezza della località di Tres Barrancas, potrebbe essere il latitante italiano Marco Marino Diodato. Gli inquirenti sono in attesa dei primi risultati dell’indagine, ma l’indice accusatore si è già alzato contro l’ex parà abruzzese, oggi 50enne. Diodato, nato a San Giovanni Teatino in Abruzzo, un passato nella polizia in Italia, emigrò in Bolivia nel 1985.

Leggi tutto su Indymedia Abruzzo

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AAP c/o Atlantide mercoledì 24/09 h 21


Gli storici hanno spesso correlato la grande crisi economica degli anni Venti, l’insorgere di regimi autoritari e fascisti negli anni Trenta e i deliri della guerra totale negli anni Quaranta del Novecento. Oggi questi fattori sono tutti di nuovo presenti: il collasso del sistema finanziario è tale che un noto trader milanese ha dichiarato a Repubblica: «Non si può escludere nulla. Nemmeno che da un momento all’altro si decida la chiusura delle principali Borse mondiali…». La fascistizzazione della società è tale che a Roma il decreto Alemanno detta legge persino sui vestiti (femminili): «è vietato indossare abbigliamenti che manifestino inequivocabilmente l’intenzione di adescare o esercitare l’attività di meretricio». E dall’Ossezia all’Afghanistan si fanno i preparativi per una nuova guerra su vasta scala… Organizziamoci, fermiamoli adesso, finché è possibile!

Così scriveva più di cinquant’anni fa Bertolt Brecht:

Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi infastidivano.
Poi vennero a prendere i comunisti,
ed io non dissi niente, perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me,
e non c’era rimasto nessuno a protestare.

L’Assemblea Antifascista Permanente è un’assemblea pubblica, aperta a tutti gli antifascisti, e si riunisce a mercoledì alterni.

La prossima riunione si terrà presso Atlantide
P.zza di P.ta S.Stefano
Mercoledì 24/09 h 21
(bus 13-16-33-38-39-90-96)

per contatti: aap-bologna at riseup punto net

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Le “torture normali” del fascismo


Si dimentica spesso che in Italia vi è stata una continuità istituzionale tra fascismo e repubblica. Nel 1960 si calcolò che 62 dei 64 prefetti in servizio erano stati funzionari sotto il fascismo. Lo stesso valeva per tutti (tutti…) i 135 questori e per i loro 139 vice. Poi, dopo il ’68, vennero le stragi.

Ricordando questo dato in un interessante articolo sul revisionismo di Pansa e La Russa, TIC trascrive fra l’altro un brano dalla Storia d’Italia dal dopoguerra ad oggi di Paul Ginsborg riguardante l’amnistia che mandò liberi tutti i fascisti nel 1946:

“Proposta per motivi umanitari, l’amnistia sollevò una valanga di critiche. Grazie alle sue norme sfuggirono alla giustizia anche i fascisti torturatori. Venne stabilita una distinzione grottesca e disgraziata tra «torture normali» e «sevizie particolarmente efferate». Con questa formula i tribunali riuscirono ad assolvere crimini quali lo stupro plurimo di una partigiana, la tortura di alcuni partigiani appesi al soffitto e presi a calci e pugni come un sacco da pugile, la somministrazione di scariche elettriche sui genitali attraverso i fili di un telefono da campo. Per quest’ultimo caso la Corte di Cassazione stabilì che le torture «furono fatte soltanto a scopo intimidatorio e non per bestiale insensibilità come si sarebbe dovuto ritenere se tali applicazioni fossero avvenute a mezzo della corrente ordinaria». Alla fin fine l’unica effettiva epurazione fu quella condotta dai ministri democristiani contro i partigiani e gli antifascisti che erano entrati nell’amministrazione statale subito dopo l’insurrezione nazionale. Lentamente ma con determinazione De Gasperi sostituì tutti i prefetti nominati dal Clnai con funzionari di carriera di propria scelta. E nel 1947-48 il nuovo ministro democristiano degli Interni, Mario Scelba, epurò con sveltezza la polizia dal consistente numero di partigiani che vi erano entrati nell’aprile 1945”.

«Torture normali»? Pare stiano tornando di moda.

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