Stranabologna e gli svasti-cazzi


I neofascisti, con il loro consueto piagnisteo da finte vittime, e il “Resto del Carlino” avevano provato a impedire o depotenziare la protesta antifascista di gay, lesbiche, trans & eteri/e. CasaPound, aperta e tollerante come al solito, aveva chiesto alla Questura di vietare la manifestazione. Il “Carlino”, pacato e obiettivo come sempre, aveva annunciato la “Stranabologna” sotto il titolo tranquillizzante I poliziotti si ribellano: “Basta piazze, troppe botte”:

«Con questa temperatura ci si avvicina a un’altra manifestazione, convocata per domani alle 17 a Porta Castiglione dalle associazioni antagoniste gay. Il corteo, battezzato ‘Stranabologna’, confluirà alla 21 in piazza Verdi dopo avere toccato, spiega Renato Busarello, “i luoghi teatro di aggressioni sessiste o razziste”. In vista dell’appuntamento è in allarme il responsabile cultura di CasaPound, Massimiliano Mazzanti, secondo il quale il centro sociale di destra è il vero obiettivo. Mazzanti ha scritto al questore chiedendogli di vietare la manifestazione. Merolla rassicura e ritiene che il concentramento vicino alla sede di CasaPound sia “una coincidenza”, considerato che i manifestanti sono diretti verso il centro. “È un percorso — spiega — che credo non sottoporremo ad alcuna prescrizione. Verrà seguito con appositi servizi come ogni manifestazione”».

Certo, la coda di paglia dei neofascisti bolognesi pare piuttosto lunghetta. Fa sorridere che un’organizzazione dichiaratamente neofascista e violenta come CasaPound sia presa da improvvisa paranoia e si appelli tremebonda alla Questura, mentre in tutt’Italia pratica con sistematicità l’aggressione squadrista e il suo guru indiscusso, Gianluca Iannone, ha una spiccata e documentata attitudine per il pestaggio. «Nel dubbio mena» è uno dei motti preferiti e più applicati dai militanti di CasaPound. Sbarcando a Bologna avevano promesso «panico», e anche recentemente hanno rivendicato il valore del «pugno nello stomaco» e del «calcio nei denti». E il 21 febbraio 2009 avevano provocato e aggredito in via Orfeo un presidio antifascista con cinghie, catene e coltelli, per poi ostentare il consueto vittimismo con la collaborazione ben orchestrata di testimoni simpatetici.

Da quei «pugni nello stomaco» e «calci nei denti» bisogna autodifendersi. Ma la “Stranabologna” non si è proposta di opporsi solo alle meschine trame di un gruppuscolo di provocatori professionisti, ma di contrastare il clima di paura e di odio sessista, razzista e omofobo che lo Stato, di là dall’ipocrisia di facciata, promuove a piene mani nella società. Era un corteo per respingere la richiesta strumentale di «sicurezza» dinanzi a una presunta «emergenza omofobia» ― che ricorda l’altrettanto strumentale e razzista «emergenza stupri» servita a sdoganare il Pacchetto sicurezza, ― mentre la violenza e le discriminazioni contro gay lesbiche e trans vengono da lontano e hanno radici profonde. Era un modo per riportare un orgoglioso antifascismo nelle strade e nelle piazze di Bologna, contro la manipolazione della coscienza sociale e il governo autoritario delle identità. Contro la paura, contro chi la produce e chi la strumentalizza.

Centinaia di persone hanno percorso gioiosamente le strade di Bologna. C’era lo striscione d’apertura: «Stranabologna. Gay Lesbiche Trans Queer etcEtero contro il fascismo». C’era il “Genital Hospital” che effettuava sui cittadini ben disposti delicate operazioni di asportazione dell’organo dell’omofobia. C’era “Tele spio” che riprendeva e intervistava i passanti per farli sentire più sicuri. C’era la presa in giro dei simboli nazi con le Svasti-cosce e gli Svasti-cazzi. Sono stati appesi fogli con le cronache delle aggressioni fasciste ed eterosessiste. Vari interventi al microfono ― che si possono ascoltare ora su Zic.ithanno ricordato alcune delle aggressioni che si sono consumate sul percorso della manifestazione: quella del 21 febbraio 2009 contro alcuni attivisti della campagna «Chiudere CasaPound» in via Orfeo; quella del 15 novembre 2009 in cui alcuni militanti e un dirigente di Forza Nuova pestarono a sangue due studenti e minacciarono una studentessa; quella del 7 giugno 2008 contro due ragazzini di 15 e 16 anni perché erano vestiti in modo “alternativo”. Finale in piazza Verdi con una festa animata di musica, immagini, danze e banchetti. In piazza è stato distribuito anche un libretto approntato da Facciamo Breccia e intitolato In fondo l’Itaglia è tutta qua, che reca per sottotitolo una frase di Carla Lonzi del 1970: «Non dimentichiamo che è del fascismo questo slogan: famiglia e sicurezza».

Infine e a margine, visto che media di regime & neofascisti oggi pontificano sui gay, diciamo qualcosa anche noi al riguardo, in una prospettiva antifascista.

Anzitutto razzismo e omofobia sono in Italia un’eredità specifica del Fascismo. Lo dimostra anche il libro Il nemico dell’uomo nuovo. L’omosessualità nell’esperimento totalitario fascista di Lorenzo Benadusi, che analizza il progetto fascista di un totalitarismo biologico “virile”, familistico e procreativo: «Un progetto destinato a svanire con la fine del regime, ma che aveva coinvolto per due decenni milioni di italiani. Così, nonostante il fallimento dell’esperimento totalitario, il fascismo contribuì a radicare il pregiudizio omofobico nella coscienza comune e l’eredità di questo atteggiamento avrà effetti duraturi sulla società italiana».

In secondo luogo, Mario Mieli, che scriveva in un mondo molto diverso dal nostro, parlava di «gaio comunismo» e diffidava del culto della virilità come sottoprodotto della repressione sessuale dei gay. Un omosessuale può benissimo essere anche un fascista. Ci sono stati omosessuali di destra: gerarchi fascisti e nazisti, intellettuali antisemiti, leader neonazisti, storici negazionisti, eccetera (basta scorrere, in libreria, il libro di Marco Fraquelli, Omosessuali di destra). Essere repressi e discriminati non ci mette di per sé al riparo dall’operare, a nostra volta, ingiustizie, discriminazioni o violenze. Per la cultura fascista si può essere anche omosessuali, una volta svolti gli obblighi di capofamiglia e di riproduzione della stirpe. Non bisogna però mostrarlo, non bisogna esibirlo in pubblico, non bisogna essere se stessi «con clamore» e con gioia.

Oggi politici e neofascisti mirano al governo autoritario delle identità e all’uniformazione repressiva delle differenze… contro il pensiero unico. Basta leggere il furbo documento stilato da CasaPound su Unioni civili, diritti e doveri – omofobia e organizzazioni omosessuali che così conclude:

«Insomma il mondo omosessuale non dovrebbe avere la sindrome del “panda”, della specie particolare in via di estinzione. Al contrario aspirare alla uniformità con il resto del popolo italiano. Uniformità di fronte allo Stato e di fronte alla legge. Quindi diritti civili e riconoscimento restano l’unico passo necessario anche culturale per porre fine non tanto alla discriminazione, ma al retaggio culturale secolare che la genera. Crediamo al contrario che tanti, troppi omosessuali organizzati, preferiscano vivacchiare nel limbo dell’incertezza giuridica per cavalcare il clamore politico della questione omosessuale.

A nostro avviso oggi ci sono troppe battaglie per LE libertà delle singole categorie e non c’è quella essenziale per LA libertà contro il pensiero unico, globale e omologante che è il padre della servitù così come la norma “transitoria” sull’antifascismo in calce alla Costituzione è la madre dell’intolleranza e del pregiudizio».

È la nota tecnica del poliziotto buono e poliziotto cattivo. C’è il neofascista che accoltella, picchia, brucia locali. Poi arriva il neofascista “tollerante” per fregarti. Uno sparge panico e l’altro strumentalizza la paura. A Bologna ieri sono restati con un pugno di mosche.

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