Annalaura e il porcospino


(da
κβλόγγηθι Σεαυτόν Asocial Network)

La vedete quella buffa palla di spine nella foto? È un porcospino. O un riccio, come lo si chiama più comunemente da queste parti. Poi dovrei parlare di Annalaura. Annalaura, a 26 anni, se n’è andata per un incidente di moto a Catanzaro. Era di Vallo della Lucania, il paese del processo all’anarchico Giovanni Marini. L’ultima volta che l’avevo vista e ci avevo parlato, glielo avevo proprio ricordato. Eravamo stati lì a parlarne per un po’, al CPA.

Qualcuno, forse, si chiederà cosa c’entri un porcospino con Annalaura che se n’è andata per una moto maledetta. È che, qualche giorno fa, qui all’Isolotto dei ragazzotti hanno pensato bene di prendere un porcospino, in un giardino pubblico, e di pigliarlo a calci. Così, gratuitamente, per non saper che fare in un tedioso agosto torrido di periferia. Dopo averci giocato a pallone, lo hanno finito dandogli fuoco.

Nello stesso giardino pubblico, ci sono scritte sui muri. Saluti romani, croci celtiche, boiachimmolla e altri ammennicoli del genere. Dei ragazzini. Gli stessi per cui, qualche giorno fa, auspicavo l’abolizione dei minori. Naturalmente tale episodio, finito sui giornali agostani, è stato subito bollato a base di bullismo e babygang. La gang dei giornalai non si smentisce mai, che fa pure la rima. Le solite tonnellate di degradi e sihurezze, e tutto va nel calderone.

Siccome a me, invece, dei degradi e delle sihurezze non me ne importa un cazzo di niente, vorrei mettere l’accento su qualche cosina un po’ diversa. Ad esempio, sulla differenza di un quartiere dove esiste un CPA con, tra le altre e gli altri, Annalaura. La quale, ne sono certo, oltre a parlare del processo ad un anarchico svoltosi quarant’anni fa, a raccogliere il bene delle compagne e dei compagni che la ricorderanno per sempre e a lavorare, militare, farsi il culo e sputare sangue per un mondo migliore nei brevissimi 26 anni della sua vita, ad un porcospino che si fosse aggirato per il giardino avrebbe offerto una ciotola d’acqua, un pezzo di frutta e dieci minuti di amore. Ad un semplicissimo essere vivente.

Dove invece non esiste un CPA, o qualsiasi altra cosa del genere, ci sono i giardinetti con dei ragazzini annoiati che riempiono i muri di fascismi idioti di cui non sanno niente, proni a tutte le loro assenze, pronti ad offrire ad un porcospino una morte atroce per scherno. La stessa morte che, volendo, sarebbero pronti ad offrire ad un essere umano. Di esempi, del resto, non ne mancano.

Però non voglio gettare condanne. Non mi attengono, le condanne. L’Isolotto, del resto, è lo stesso quartiere dove, un anno e mezzo fa, un cane è stato ammazzato gratuitamente nientepopodimeno che dai Carabinieri, dalle forze dell’ordine. Non getto condanne e non punto diti contro quei poveri esseri che si divertono così, che cercano di ammazzare la noia con la morte. Mi rifiuto di servirmente per battere le grancasse così care ai politicanti delinquenti e alla loro carta da culo in vendita nelle edicole.

In questa città, come nelle altre, ci sono persone e forze che, invariabilmente rifacendosi proprio ai simboli tanto “cari” ai ragazzotti del porcospino bruciato, vorrebbero chiudere i CPA ed ogni altro spazio dove i porcospini e le Annelaure vanno insieme in un’armonia che nemmeno riescono a immaginare. Ci hanno quattrini e mezzi, questi stolidi e ridicoli bellimbusti. Sanno “far presa”. Sanno dove andare a parare, in queste nostre città piene di vecchi bavosi e impauriti. Ai ragazzi non resta altro che vivere la loro noia nei giardinetti. Sono, così, meglio manovrabili. Forniscono, all’occorrenza, una comodissima manovalanza. Oppure un cattivo esempio da offrire alla crassa stupidità dei tavolini dei bar con la “Nazione” o il “Paperopolis” aperti in bella mostra.

Guai ad offrire un’alternativa. L’alternativa, ogni alternativa, deve scomparire. Guai a far notare le differenze, reali, tangibili, tra un quartiere dove una tale alternativa esiste tra diecimila difficoltà di tutti i giorni, ed un altro dove invece esiste soltanto un giardinetto dove massacrare un animaletto. Proprio per questo queste alternative devono andare avanti. Il fascismo non lo si batte soltanto con l’antifascismo. Lo si batte soprattutto facendo notare la differenza tra la vita e la morte.

Ed è proprio questo che fa paura. Che ci siano ancora, nonostante tutto, persone che non hanno ceduto alla noia della morte. La quale è l’essenza del fascismo, quella profonda, quella che nulla riesce a cancellare. Fa paura che esistano dei luoghi dove si è disposti anche ad ascoltare quei ragazzi ora bollati come mostri, come babygang. Fa paura che dai mostri della noia fascista possano nascere delle persone diverse. Una paura folle. E gliela faremo venire sempre di più, sempre di più, sempre di più.

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