Sab 17 gen h.15 a Roma > manifestazione per la Palestina
Chiunque abbia una minima sensibilità antifascista non può certo apprezzare i cartelli con la stella di David equiparata alla svastica che sono spuntati qua e là in tante manifestazioni contro il brutale massacro di Gaza. Tuttavia, per noi sarebbe stato impossibile non scendere in piazza e lo faremo anche il 17 gennaio (per prenotare il pullman da Bologna si può telefonare al numero 3409892393).
E ci conforta leggere sul “Manifesto” dell’8 gennaio una presa di posizione di Ester Fano, Sveva Haerter e Claudio Treves sul Perché noi ebrei siamo andati e andremo alle manifestazioni:
«In piazza fin dal primo momento ci siamo sentiti abbastanza a disagio perché, tra slogan e striscioni, prevalevano quelli che richiamavano la Jihad, le organizzazioni islamiche, i cartelli con stelle di David equiparate a svastiche, e così via. Nonostante il disagio siamo rimasti fino alla fine del corteo, perché il motivo di tutto questo è chiarissimo ed è il vuoto politico intorno alla questione palestinese che dall’inizio della seconda intifada non fa che crescere costantemente sia in Italia che altrove. Di fronte a quello che sta succedendo – e che nessuno si lamenti di un uso “propagandistico” delle immagini dei bambini morti, fino a quando c’è chi ne fa strage – chiediamo chi altro era visibilmente in piazza. E che quel qualcuno risponda se può».
Certo è che i media di regime si scandalizzano per qualche bandiera israeliana bruciata e non per le centinaia di civili bruciati dal fosforo e dalle bombe. Anteporre giornalisticamente un pezzo di stoffa o di carta a una vita umana vuol dire essere implicitamente razzisti. Significa partecipare del razzismo implicito che è alla base dell’apartheid e delle bombe contro la popolazione palestinese.
Non è difficile arrivarci. Soprattutto per chi è fuori dai giochi delle convenienze. Così, nei giorni scorsi, vari gruppi di donne ebree canadesi hanno occupato il consolato israeliano di Toronto per protestare contro l’aggressione di Israele sugli abitanti di Gaza e chiedere la cessazione immediata delle operazioni militari, la fine dell’assedio e la garanzia che seguano interventi umanitari in quel territorio. Vedi Femminismo a Sud 1 e 2.
Oggi, secondo noi, mobilitarsi per Gaza significa contrastare quei procedimenti razziali di governance che appartengono alla parte peggiore della tradizione europea e che, più o meno violentemente, sono attivi ovunque come giustamente afferma “Umanità Nova”, n. 1, 11 gennaio 2009:
«Sta di fatto che certi dispositivi razzisti e omicidi del potere statale, sorti con il colonialismo e perfezionati dal nazifascismo, non sono mai caduti in disuso, anzi sono imitati in ogni angolo del mondo: dai muri segregativi ai lager etnici. Così è anche per le rappresaglie contro la popolazione civile: un tempo vi era la “decimazione”, oggi sarebbe più corretto parlare di “centesimazione”. Nel giugno 2006, in seguito alla cattura di un solo soldato israeliano, fu lanciata l’operazione “Summer Rain” che uccise 240 palestinesi. In questi giorni i bombardamenti sulla striscia di Gaza – un milione e mezzo di persone strette in un’area di 40 per 10 km – hanno provocato finora, secondo fonti ufficiali, oltre 500 morti e 2.500 feriti. Un bombardamento indiscriminato contro abitazioni, mercati, scuole, università, ospedali, che fa seguito a un lungo embargo totale, a un vero e proprio assedio. Negli ospedali mancano le medicine, le garze, il necessario per il primo soccorso».
Il 17 gennaio riteniamo che, insieme alla richiesta di immediata cessazione di ogni attività militare e fine dell’embargo, si tratti di denunciare il razzismo e l’apartheid promosso dal governo israeliano e da tutti gli stati, a cominciare dall’Italia e dalle nuove leggi razziste che si appresta a varare.
D’altro canto, vi sono anche organizzazioni neofasciste che con una mano organizzano campagne d’odio contro i migranti arabi e le moschee, con l’altra stringono la mano ai rappresentanti della delegazione palestinese in Italia solo per vestire di ragioni “politicamente corrette” il loro razzismo antiebraico.
Nei giorni scorsi, il leader di Forza Nuova Roberto Fiore e il coordinatore di FN Paolo Caratossidis hanno detto di aver incontrato il Segretario della delegazione palestinese in Italia, tal Sabri Sabreattiah [forse il dott. Sabri Ateeya, ambasciatore ANP in Italia]: «Abbiamo voluto portare – ha dichiarato Fiore – la nostra piena ed incondizionata solidarietà al popolo palestinese intero, sconvolto dall’inaudita violenza che l’esercito israeliano perpetua nella striscia di Gaza. Parliamo di un Genocidio che soltanto un intervento militare unito e solidale dell’Unione Europea può scongiurare».
Gli ambasciatori forse non potranno rifiutarsi di stringere tante brutte mani. Comunque, al riguardo condividiamo quanto dice l’articolo già citato di “Umanità Nova”, n. 1, 11 gennaio 2009:
«Bisogna però non cadere nella trappola di ritenere che lo stato israeliano abbia qualcosa di speciale. Pulizie etniche e rappresaglie sui civili avvengono ovunque, e spesso nell’indifferenza del mondo. Dire che la politica dello stato israeliano è una politica criminale non vuol dire che altri stati siano meno razzisti e assassini, a cominciare dall’Italia con le sue leggi discriminatorie sull’immigrazione, con i Cpt, con le nuove misure del “Pacchetto sicurezza” (DdL 733) che il governo si appresta a varare il 19 gennaio. Analogamente, lottare contro la politica omicida e razzista dei vari governi israeliani non significa dare spazio in alcun modo all’antisemitismo fascistoide o al revisionismo storico sullo sterminio nazista. Ciò che abbiamo sotto gli occhi dimostra invece che il razzismo, da qualsiasi parte venga, porta sempre a politiche di violenza e di sterminio contro cui occorre lottare e resistere».
Con Gaza, contro ogni razzismo e fascismo!