Oggi la destra al governo cerca in ogni frangente di avvelenare i pozzi della “memoria”. Come al solito, da una parte ci sono le bugie istituzionali dei depistaggi, dall’altra le menzogne istituzionali di una falsa “memoria condivisa” (talora in forma di “appropriazione indebita”).
E ciò non vale solo per le grandi stragi neofasciste, ma anche per quelle stragi a rate che si consumano in strada, nei pestaggi fascisti, sul lavoro, nelle migrazioni, nei lager. Prima sono solo “risse fra balordi” o “tragici incidenti” (e le contestazioni contro una fiera del libro possono sembrare a Gianfranco Fini “molto più gravi” dell’omicidio a calci di un ragazzo), poi coloro che hanno creato il clima, le premesse, le strategie, i quadri ideologici della violenza omicida, vorrebbero anche apparire uomini pii…
Un detto antico descrive bene la psicologia ipocrita del tiranno: «Cum pietatem funditus amiserint pi tamen dici nunc maxime reges volunt. Quo res magis labuntur, haerent nomina» (cioè: «Quando hanno perso del tutto la pietà, soprattutto allora i re vogliono essere chiamati pii. Quanto più sparisce la sostanza, tanto più le parole si fissano»). Questo comunicato dello spazio culturale lachimica descrive uno squallido tentativo di strumentalizzare i morti, ma insieme una tecnica diffusa di avvelenamento (e insabbiamento) della memoria.
Solo ipocrisia. Non provateci nemmeno
(da veronainforme)
Prendete un centro sociale autogestito. Prendete un’amministrazione comunale retta da un condannato per razzismo. Il comune sgombera il centro sociale, lo abbatte, e sulle sue macerie costruisce un centro “di aggregazione giovanile” come piace a lui, magari senza zingari che cuociono il pane o giovani di colore che giocano a calcio nelle vicinanze, non si sa mai. Prendete Nicola Tommasoli, un ragazzo come tanti di noi, capelli un po’ lunghi, ucciso una sera di un primo maggio da un gruppo di neofascisti. Prendete Igor, un altro ragazzo come noi: frequentava il centro sociale La Chimica, anche lui morto ammazzato, in altre circostanze. Niente paura, siamo a Verona, la città di Giulietta. E di Ludwig. Ma ora prendete l’amministrazione che sgombera e demolisce, prendete un consigliere di circoscrizione, Davide Danzi, già MSI, poi AN, ora PDL, promotore della proposta di intitolazione dei giardini Santa Croce a Giorgio Almirante, già redattore della “Difesa della razza”, e organizzatore di un torneo di football americano al centro sportivo Gavagnin intitolato a Nanni De Angelis, terrorista nero dei Nuclei armati rivoluzionari. Li avete presi? Bene, ora pare che il Comune abbia intenzione di intitolare a Nicola Tommasoli il centro “giovanile”. Ce ne sarebbe abbastanza. Ma non basta: ora il Davide Danzi vuole abbinare a Nicola Tommasoli anche il nome di Igor, perché “i giovani morti in modo violento non hanno colore politico sono tutti vittime”. Il cortocircuito è completo. Annacquare le responsabilità, rimuovere i fatti, assolvere e autoassolversi. La pietra tombale di un ragazzo ucciso da neofascisti trasformata in prima pietra dell’edificio costruito dal Comune che strizza l’occhio ai neofascisti sulle macerie del Centro sociale laboratorio di autogestione, relazioni orizzontali, antifascismo.
Ma è il caso di puntualizzare ancora: Nicola non è un martire o un eroe, ma soltanto una persona come “ognuno di noi”, e ognuno di noi poteva essere al suo posto, quella sera: è proprio per ribadire questa semplice verità che diecimila persone sono sfilate in corteo a Verona il 17 maggio 2008, in una manifestazione che oggi sembra interessare solo per una vetrina incrinata. Ma se i giovani morti in modo violento non hanno colore politico, gli assassini a volte lo hanno, e questo colore è nero. Quindi chi strizza l’occhio con simpatia ai “fascisti del terzo millennio” e alle loro t-shirt “nel dubbio mena”, si risparmi quest’ennesima vergogna.
Lasciate dormire i morti, che non possono più dire quello che pensano. Lasciate stare Nicola e anche Igor: chi come noi lo ha conosciuto sa che sicuramente questo ignobile uso strumentale del suo cadavere gli avrebbe fatto ribrezzo. Per usare un eufemismo.
lachimica