[BO] Primo consuntivo del Festival


Ripubblichiamo da “Umanità Nova” n. 22 del 7 giugno 2009 un primo breve consuntivo del Festival sociale delle culture antifasciste, un esperimento straordinario e molteplice che ha cercato di leggere la crisi attuale per aprire nuovi orizzonti di lotta sociale antifascista. Affollatissimo, esuberante e quasi caotico, il Festival lascia dietro di sé un’eredità di gioia, analisi, metodologie, dibattiti, punti d’incontro e linee d’azione che si tratta ora di far vivere anche negli ambiti locali e nelle pratiche di ogni giorno.

Bologna. Festival sociale delle culture antifasciste

Non vi è dubbio che il festival sociale delle culture antifasciste in corso a Bologna fino al 2 giugno sia la dimostrazione che autorganizzarsi è possibile, efficace e coinvolgente.

Non era certo una scommessa da poco allestire una cinque giorni di incontri, dibattiti, presentazioni di libri, workshop, tavole rotonde, rassegne di fumetti, mostre fotografiche, concerti, video, poesia, spettacoli teatrali per ricollocare l’antifascismo al centro del nostro presente sempre più inquietante e autoritario. Senza contare poi il bar, la libreria, il media center, il ristorante, il campeggio. Già verso le 11 di sabato sera, nelle cucine era sensibile l’entusiasmo per aver fronteggiato 7-800 persone mettendole tutte a tavola con un menù ottimo, vario e a buon mercato.

Ciò è stato reso possibile dalla collaborazione e dalla solidarietà di tutte le realtà sociali bolognesi, senza sigle, senza sciocche autorappresentazioni, persone tra persone: “una rete informale di uomini e donne, singoli, gruppi, associazioni e movimenti che si riconoscono nei valori dell’antifascismo”. E il principio dell’autorganizzazione ha portato anche a sperimentare pratiche nuove come il “servizio di tranquillità”, non solo per autodifesa di fronte a eventuali provocazioni, ma soprattutto per rendere evidente la natura antisessista e non omo/lesbo/transfobica del festival attraverso un lavoro comunicativo fatto di striscioni, volantini, cartelli, messaggi ironici e stranianti appesi ovunque: uno spazio pubblico diverso e opposto rispetto a quello sessista e omofobo della pedagogia televisiva e pubblicitaria.

Tra pioggia e sole, dentro questi spazi si è andata dispiegando una complessa trama di saperi, esperienze, testimonianze e prospettive di lotta, per legare il passato al presente, la memoria storica del totalitarismo fascista e la lotta contro l’attuale democrazia autoritaria, razzista, sessista. Non è davvero facile riassumere la molteplicità dei dibattiti e delle analisi, anche per il metodo organizzativo decentrato e aperto che ha coinvolto quanti si riconoscono nella cultura e nei valori dell’antifascismo, entro un calendario ricchissimo di eventi e iniziative. Quel che risulta certo è che oggi l’antifascismo non costituisce affatto un residuo logoro del passato, ma un campo vivo di pratiche e di resistenze diverse ai processi di disciplinamento sociale, nella scuola, sul lavoro, nel privato, nella famiglia, nella società. Si tratta di sperimentare l’antifascismo del XXI secolo.

In vari dibattiti tendevano ad emergere due ipotesi differenti di pratica antifascista: un antifascismo democratico – articolato sul rigore storiografico, sulla controinformazione, sulla denuncia delle collusioni attuali tra neofascisti e destra istituzionale, sui valori costituzionali – e un antifascismo sociale – che mette in primo piano invece il vissuto, lo sfruttamento, le lotte di resistenza alle diverse forme di autoritarismo, la contrapposizione concreta, corporea all’avanzare di un regime sempre più oppressivo. Oggi il festival delle culture antifasciste ha dimostrato che questi due orientamenti possono dialogare e arricchirsi l’un l’altro, estendendo la rete delle solidarietà, diffondendo l’urgenza di mobilitarci dinanzi ai progetti reazionari e “nostalgici” del capitale e del patriarcato, coinvolgendo chi è discriminato, oppresso e sfruttato in un nuovo sogno di liberazione.

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