Dieci anni di leggi razziali


Istituiti il 29 gennaio 1999 dal governo Prodi con la legge Turco-Napolitano (votata da un’ampia schiera di forze parlamentari: da AN ai DS, a Rifondazione e ai Verdi), perfezionati dalla legge Bossi-Fini e assecondati anche da giunte di centro-sinistra come quella dell’Emilia-Romagna o da amministrazioni “rosse” come quella di Modena, i “Centri di Permanenza Temporanea” per immigrati (CPT, oggi CIE) sono il monumento al degrado delle già irrisorie libertà borghesi.

Con la legge Turco-Napolitano, dieci anni fa cominciava una legislazione razzista che ha gradualmente minato quel poco di “libertà” garantito dalla tradizione borghese liberale. Il diritto all’inviolabilità della libertà personale, che figura tra i principi fondamentali della Costituzione (art. 13), veniva sovvertito con l’istituzione di carceri supplementari su base etnica e dipendenti dall’autorità amministrativa (i CPT), dove i migranti vengono rinchiusi senza processo, senza difesa, senza diritti.

In questi dieci anni i Centri di detenzione e le politiche dell’accoglienza in genere sono stati strumenti per ricattare, opprimere e sfruttare con crudezza fasce non garantite di forza-lavoro e, attraverso ciò, estendere il clima di repressione, ricatto e intimidazione a tutti i lavoratori e a tutta la società. È stato un modo per garantire i profitti e allontanare la crisi economica.

Oggi, quelli che un tempo venivano presentati dalla stampa di regime come “alberghi a quattro stelle”, restano ciò che sono sempre stati: disumani lager razzisti ove vengono rinchiusi gli immigrati colpevoli di non essersi assicurati le carte giuste. Al loro interno hanno luogo vessazioni di ogni genere: dal cibo pessimo (spesso con aggiunta di sedativi) alle insolenze e agli ordini formulati in una lingua ai più sconosciuta, dalle manganellate quotidiane alla minaccia continua di venire deportati. È un brutale sistema concentrazionario che ormai depone anche i panni ipocriti dell’umanità e della carità.

A Bologna il CPT/CIE di via Mattei non fa certo eccezione: il cibo pessimo e scarso, il sovraffollamento (sono in 60), la mancanza dei letti che costringe a dormire a terra, i maltrattamenti… Informa-azione segnala che sabato 28 febbraio un ragazzo stava abbondantemente sanguinando e che la direzione del CPT non faceva arrivare l’ambulanza. Zic.it racconta che lunedì 2 marzo, verso le 19, tre migranti sono saliti sul tetto protestando contro il rifiuto dei responsabili della struttura di fornire assistenza medica a un detenuto che avrebbe ingoiato degli oggetti di ferro. Si sentivano molte urla e vi era un gran numero di carabinieri, poliziotti e vigili del fuoco. E la rivolta continua.

Senza dubbio, il “Pacchetto sicurezza” ha aggravato le condizioni di prigionia prolungando da due a sei mesi la possibile detenzione nei CIE. Sempre più militarizzati e chiusi al mondo esterno, nei CIE verranno imprigionati sia i migranti “irregolari”, sia i richiedenti asilo, sia chi ha il permesso di soggiorno scaduto. E lo stato procederà a espulsioni rapide e sommarie.

Ma anche fuori dai campi di detenzione la propaganda razzista dello stato rende ogni giorno più dure le condizioni di vita dei migranti, con l’incremento costante di aggressioni e pogrom neofascisti e razzisti, talora teorizzati esplicitamente come ha fatto Roberto Fiore a Bergamo il 28 febbraio dichiarando: “È ora che gli italiani si sollevino e facciano capire che non sono più disposti a sopportare questa invasione”.

Ricordiamoci che ogni mutilazione della libertà altrui riguarda e impoverisce anche la nostra. Dieci anni di leggi razziali sono tanti, sono troppi. Nei prossimi giorni continueranno i presidi di protesta.

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