Dallo stragismo alla «sicurezza»


Ripubblichiamo da “Umanità Nova” n. 40 del 14 dicembre 2008 questa riflessione sul neofascismo e sulle solidarietà trasversali della destra. Ma anche in Marginalia si può trovare una segnalazione delle sinergie tra CasaPound e Azione Giovani…

Fascismo oggi: la strategia della paura

Che cosa resta oggi della «strategia della tensione»? Certo, ormai i presunti «misteri d’Italia» sono stati in gran parte svelati. Persino i tribunali, pur mandando assolti tanti responsabili, hanno pienamente confermato lo slogan secondo cui le bombe «le mettono i fascisti e le pagano i padroni». Dalla strage di piazza Fontana del 1969 a quella di Bologna del 1980, l’Italia ha sperimentato una lunga «strategia delle stragi» condotta da uomini degli apparati più coperti dello Stato e da neofascisti da essi personalmente organizzati, indirizzati, finanziati e protetti. Quelle bombe contribuirono a reprimere il movimento operaio e studentesco: il loro scopo era quello di spaventare, di manipolare l’opinione pubblica, di promuovere con la violenza un «ritorno all’ordine». E quei crimini sono effettivamente serviti per costruire un mondo più ingiusto, ipocrita e violento.

Sembra una storia del passato, ma non lo è. Per dimostrarlo, basterebbe dire che oggi a Bologna – nella ricorrenza della strage di piazza Fontana – i neofascisti di Casa Pound presentano un libro-intervista a Pierluigi Concutelli, militante di Ordine Nuovo, l’organizzazione neonazista che portò avanti lo stragismo di stato. Tuttavia, il mondo in cui viviamo è cambiato sostanzialmente rispetto a quegli anni. A dirla in breve, è caduto il muro di Berlino; la tv è diventata una forma invasiva di pedagogia di massa; il revisionismo e la «fine delle ideologie» hanno riplasmato i valori sociali; la società si è fatta multiculturale e multietnica; ma insieme è cresciuta, e sempre più aggressiva, una destra populista e razzista; infine le politiche «securitarie» hanno arginato efficacemente la crisi dei partiti e dell’autoritarismo statale.

Ciò segna una prima differenza. Negli anni Settanta la fascistizzazione era un fenomeno anzitutto di vertici statali, di continuità istituzionali tra Fascismo e Repubblica, di tentati colpi di stato, di complotti e segreti nell’ombra. Oggi è invece un fenomeno diffuso, capillare, in gran parte alla luce del sole, articolato anzitutto sul razzismo e alimentato da tv, governi, rotocalchi, amministrazioni locali. Si consideri quanti vigili, poliziotti, carabinieri, consigli comunali sono stati protagonisti nell’ultimo anno di aggressioni o provvedimenti razzisti contro rom e migranti: morti anomale, pestaggi, torture, arresti ingiustificati, intimidazioni, allontanamenti forzati, ordinanze antimigranti, prepotenze di ogni genere. Il razzismo in Italia assomiglia ormai a una Bolzaneto a cielo aperto. Ed è anche questa una «strategia della tensione» adattata ai tempi nuovi: non più di vertice, ma diffusa, a bassa intensità. Gli omicidi fascisti e razzisti sono ormai una strage a rate. Persone ignare e inermi, uccise per una sigaretta, una parola, un pacco di biscotti.

Ciò comporta una seconda differenza. Proprio il clima di violenza xenofoba fomentato in questi anni da politici, sindaci, giudici e giornalisti ha offerto nuova agibilità a gruppi e partiti neofascisti e ha consentito la riorganizzazione della destra. Non si tratta solo di un consolidamento operativo, ma anche simbolico. A ben riflettere, l’attuale squadrismo neofascista non avrebbe efficacia se non vi fosse un disciplinamento autoritario diffuso che occorre ostacolare in ogni sua forma: il perbenismo aggressivo, il patriottismo, la propaganda martellante di «paure» razziste e omofobe, il familismo opprimente, il sessismo, la volontà di punire chi non fa figli bianchi italici cattolici, la persecuzione contro prostituzione e aborto. Nel 2007 la Rete Antifascista Metropolitana di Roma, invitando a ricordare in ogni città la strage di piazza Fontana, parlò di un passaggio «dalla strategia della tensione alla strategia della paura». Apparati statali e organizzazioni neofasciste collaborano oggi per costruire una cultura di massa dell’odio e della discriminazione.

Proprio questo permette una solidarietà trasversale fra i vari orientamenti di destra. Apparentemente, i partitini di ultradestra sono mossi solo dall’opportunismo tattico ed elettorale, non da un pensiero strategico. Si presentano ben differenziati: ad esempio Forza Nuova si richiama all’integralismo cattolico, al corporativismo, al Medioevo; Casa Pound, invece, al neopaganesimo, all’impegno «sociale» movimentista, al Futurismo. Così, recentemente, il leader di Casa Pound ha persino dichiarato che il proprio movimento «non è contiguo o vicino in alcuna maniera a Forza Nuova». Ma basta leggere l’intervista autocelebrativa rilasciata da Casa Pound Bologna nel maggio 2008 al "Corriere" per convincersi che questa sia la solita denegazione fascista e che vi siano concrete contiguità operative. Ecco un brano dell’intervista: «… "CasaPound nasce anche per occupare, ma per farlo ci vogliono i numeri e noi, a Bologna, forse non siamo ancora abbastanza. Ci sono i transfughi di Azione Giovane, i ragazzi che frequentano Forza Nuova, gli ormai ex Fiamma come noi, ci sono le ragazze di Donne Azione e quelli del Blocco studentesco". In tutto, per ora, una trentina di camerati ‘duri e puri’, che rifiutano di avvicinarsi alla Destra di Storace, che definiscono "amici con percorsi diversi" i militanti di Forza Nuova…». E si vede bene come non c’entrino «in alcuna maniera» con Forza Nuova.

Del resto, nel rimescolo di vecchie facce della destra bolognese, Massimiliano Mazzanti è diventato ora responsabile della cultura di Casa Pound: proprio il Mazzanti noto alle cronache cittadine dell’era Guazzaloca – in qualità di consigliere comunale di AN – per i continui insulti isterici alla Resistenza, per la sua solidarietà sempre inossidabile verso Forza Nuova, per la sua idea fissa di un listone unico e inclusivo di tutta la destra, per il tentativo di cancellare la parola «fascista» dalla lapide della strage del 2 agosto. Ma il caso di Bologna potrebbe valere da esempio. Da una parte, naziskin, ultras e responsabili locali di Forza Nuova compiono pestaggi e intimidazioni (nell’ultimo mese: un «tentato omicidio», un pestaggio violentissimo, un tentativo di accoltellamento, un tiro di sassi contro donne e lesbiche). Contemporaneamente, gli «amici» di Casa Pound promuovono iniziative culturali di implicita rivendicazione e di impatto simbolico: l’1 dicembre sulla Uno Bianca, il 13 dicembre su Concutelli. Ufficialmente, le due serie di fatti – lo squadrismo reale e la rievocazione allusiva e obliqua del neofascismo stragista – non c’entrano «in alcuna maniera».

Sia il Fascismo che l’MSI avevano avuto la capacità di tener unite entro un unico progetto autoritario tendenze eterogenee e contraddittorie. Oggi, questo contenitore organizzativo non sussiste più, ma esiste un ordine simbolico che lo ha efficacemente sostituito: una solidarietà trasversale, un tessuto connettivo di pratiche complementari, la rielaborazione di orientamenti autoritari, nazionalisti e discriminatori, per far sì che il fascismo torni ad essere cultura di massa prevaricatrice e violenta. Tanto più oggi che la crisi economica rende necessario un supplemento di oppressione e sfruttamento per garantire profitti, privilegi e deliri di potere.

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