Svastiche e scritte antisemite all’aula studio co-gestita del S.Orsola – Malpighi

Nei giorni scorsi svastiche e scritte antisemite sono comparse sui muri dell’aula studio autogestita del policlino S. Orsola – Malpighi.
I ragazzi e le ragazze del gruppo Prometeo, che co-gestiscono l’aula, hanno oggi avvisato tutte le studentese e gli studenti sollecitandoli a stare attenti che episodi del genere non si ripetano, specialmente in un’aula autogestita attraversata da centinaia di persone al giorno in cui non può esserci spazio per fascismo e razzismo.
Pare che la presidenza della facoltà abbia caldamente invitato ad un monitoraggio più attento, non escludendo una possibile chiusura dell’aula (una delle poche a rimanere aperte fino a mezzanotte ed oltre, anche nei fine settimana) nel caso le scritte tornino a comparire.

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L’Italietta neofascista


Dopo lo stupro e l’omicidio di Giovanna Reggiani il 30 ottobre 2007, il leader di Forza Nuova Roberto Fiore, già indagato per la strage di Bologna del 1980, difese e teorizzò i pestaggi indiscriminati di cittadini rumeni e le aggressioni ai campi nomadi con queste parole: «Guai a chi tocca le nostre donne! Da oggi in poi i nostri militanti e tutti gli italiani sono moralmente autorizzati a usare metodi che vadano al di là di semplici proteste per difendere i propri compatrioti».

Un anno dopo, nuove «azioni aggressive e violente in danno di cittadini stranieri» sono state compiute «a margine» della manifestazione di Forza Nuova che si è tenuta sabato 24 gennaio 2009 a Guidonia, dove alcuni giorni fa una giovane è stata stuprata. I pestaggi di immigrati sono avvenuti a colpi di mazze da baseball, bastoni, aste di bandiere, manici di scopa, ma anche sedie prese dai bar, al grido di «andatevene via, tornate al vostro paese, vi ammazziamo».
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All’estrema destra del padre di E. Del Medico

CopertinaEmanuele Del Medico, All’estrema destra del padre. Tradizionalismo cattolico e destra radicale, Catania, La Fiaccola, 2004.

Il libro di Emanuele Del Medico, uscito ormai da alcuni anni nelle librerie per le edizioni La Fiaccola, è un libro intrigante e insieme spiazzante.

Intrigante perché mira ad indagare il mondo cupo e “magico” (o esoterico) dell’estrema destra, usando come chiave di lettura il concetto reazionario di Tradizione. Un libro che per l’argomento sembra quasi una gothic fiction, un giallo un po’ horror

Con un’analisi sintetica ma precisa di molte formazioni dell’estrema destra e (udite udite!) dell’integralismo cattolico, l’autore traccia linee di continuità ideologica e di complicità operativa tra le “nuove forze” di destra e le forze “eterne” del tradizionalismo cattolico, tra personaggi oggi ripuliti e ben vestiti e il piombo ancora fumante del terrorismo nero degli anni ’70, tra partiti politici di rilievo anche nazionale e preti integralisti devoti alla Tradizione.

L’oggetto è succulento per coloro che amano l’intrigo e il mistero, cresciuti con i vari Lucarelli tra i Misteri d’Italia. Ma stavolta la luce rimane accesa, sul tavolo. Non preoccupandosi di accrescere la suspense, l’autore rimane con l’occhio e l’intelligenza puntati: non si perde, come richiedono i format televisivi, nelle angustie della ricerca del “mistero a tutti costi”. Racconta ciò che è già alla luce del sole, ciò che chi avesse tempo e voglia potrebbe a sua volta semplicemente trovare. Ed è questo il tratto forse più sconcertante.

Emerge infatti, al di là delle note vicende storiche di continuità e spesso collaborazione tra l’estrema destra e le forze del tradizionalismo cattolico intransigente, un discorso, una rete di intenti (oltre le già note o ipotizzate collusioni) che ha come unico scopo la restaurazione della Tradizione: la rivincita dell’Ordine sul “disordine morale, politico e sociale” rappresentato dalla modernità, dalla democrazia, dalle libertà personali. Fascisti e integralisti cattolici rileggono la storia d’Europa come un gigantesco complotto: “un processo unitario, orchestrato da un’intelligenza demoniaca”, che “mira a capovolgere l’ordine sacrale, gerarchico e organico incarnatosi nella cristianità medievale”, come dichiara il tradizionalista integrale Luciano Buonocore nel 1973. Insomma, instancabilmente Satana avrebbe mosso le fila dell’Umanesimo, della Riforma protestante, dell’Illuminismo, della Rivoluzione Francese e di tutte le rivoluzioni, del comunismo e dell’antifascismo… Percorrendo questi ambienti chiusi, ossessivi, violenti, Del Medico appare veramente come un indagatore dell’incubo (mirabile è la raccolta di volantini riprodotta in fondo al volume).

Questi circoli non vanno però sottovalutati. Pur minoritari e marginali nel loro fantasioso delirio antimoderno, essi hanno ispirato e influenzato organizzazioni e partiti di destra. Il succo della dottrina tradizionalista, centrifugato e pastorizzato, viene oggi reso più digeribile e utilizzato da un establishment nostalgico per rafforzare l’autorità delle istituzioni, in una società che, dopo le violenze poliziesche di Genova 2001, dopo anni di aggressioni xenofobe e campagne securitarie liberticide, dopo ormai decine di morti, si “scopre”, dal politico al ragazzetto di borgata, sempre più razzista, xenofoba e autoritaria. Senza che vi sia nemmeno bisogno di dichiararsi apertamente fascisti (ma molti lo fanno ormai senza problemi e anzi spesso “con molti onori”).

Di fatto, questa destra proteiforme veicola istanze regressive che vengono recepite da sponde culturali e politiche differenti, molte volte insospettabili, i cui rappresentanti sono sicuramente più presentabili dei pittoreschi “nuovi crociati” che combattono la modernità nel nome di Maria, ma non per questo risultano meno pericolosi.

Razzismo, controllo sociale, riemergenti identità etniche, legislazioni repressive sono anche la risultante di un lavorio, a volte invisibile, del sottobosco dell’integralismo cattolico. Ed è proprio per questo che alla fine rimarrete spiazzati: il mistero è risolto, ce lo abbiamo davanti agli occhi. Basta aprirli.

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Contro ogni apartheid, solidali con il popolo di Gaza che resiste

L’Assemblea antifascista permanente aderisce e partecipa al corteo del 24 gennaio e invita tutti i cittadini a parteciparvi recandosi in Piazza dell’Unità alle ore 16.30.
Leggi convocazione, adesioni e informazioni sul corteo

VITA, TERRA E LIBERTA’ PER LA PALESTINA!


Tre settimane fa l’esercito israeliano ha iniziato i bombardamenti contro la popolazione palestinese della Striscia di Gaza già stremata da diciannove mesi di embargo totale che aveva creato scarsità di cibo, di combustibile e di medicine.

Oggi le fonti ufficiali contano oltre 1300 morti e 5000 feriti, di cui molti gravissimi, in gran parte donne e bambini, con gli ospedali semidistrutti, privi anche degli strumenti di primo soccorso. Migliaia di vittime civili ferite o uccise, lasciate morire per le strade, senza cibo, senza acqua, senza casa, sotto continui bombardamenti, impaurite, agonizzanti, disperate.
La Palestina ha subìto un lungo e insanguinato processo coloniale, che nella prima metà del Novecento ha fatto ricorso anche a forme terroristiche, e che, con la fondazione dello Stato di Israele, ha dato vita a un perdurante regime di apartheid. In Cisgiordania esso si realizza nella costruzione di colonie israeliane sempre più grandi, per la “sicurezza” delle quali si dissemina il territorio di checkpoint e si depredano acqua e risorse della terra. A Gaza le colonie sono state smantellate quattro anni fa, ma quello che resta è un ghetto razziale, un carcere a cielo aperto circondato da un muro invalicabile, che le bombe e i carri armati di Israele, accanendosi sui civili, hanno trasformato in una gigantesca trappola.
Questa è stata forse la prima guerra contro i civili in cui non si poteva nemmeno fuggire. Nessuno infatti può entrare o uscire liberamente dalla Striscia di Gaza. E ora resta soltanto un cumulo di macerie. Hanno bombardato abitazioni, mercati, scuole, università, ospedali, strade, ambulanze, moschee.
Come al solito, sono le popolazioni civili a pagare il più alto tributo di vittime e il costo della guerra: la paura, il deteriorarsi delle condizioni di vita, la perdita progressiva di spazi di libertà, l’affermarsi sempre più oppressivo di logiche nazionaliste, militari e di integralismo religioso.
Di fronte a tutto ciò, tv e giornali si sono scandalizzati per qualche bandiera israeliana bruciata e non per le centinaia di civili bruciati dal fosforo e dalle bombe. E anche la Questura di Bologna si è schierata politicamente vietando che il corteo del 24 gennaio in solidarietà con Gaza raggiungesse piazza Maggiore. Non vi deve essere alcuna visibilità per le atrocità commesse contro la popolazione palestinese. Non nel centro di Bologna, non nel salotto buono, non tra le luci delle vetrine e dello shopping.
Quelle forze politiche xenofobe, da Alleanza Nazionale a Forza Nuova e alla Lega, che hanno chiesto di vietare la manifestazione, hanno dimenticato che le piazze sono di tutti, non solo della Curia e dei fascisti. Chi soffia oggi sul fuoco dello “scontro di civiltà” solo per squallido opportunismo elettorale, compie un’azione irresponsabile di discriminazione e di imbarbarimento dei rapporti sociali. Anche quelle gerarchie religiose che credono che la loro religione sia un fatto identitario e nazionale, servono solo un Dio d’odio, anzi un idolo tetro e assurdo.
Oggi ovunque vi sono politiche di intolleranza. Dire che la politica dello stato israeliano è una politica criminale non significa che quella di altri stati sia meno razzista e assassina: a cominciare dall’Italia con le sue leggi discriminatorie sull’immigrazione, con i Cpt, con le nuove gravissime misure del “Pacchetto sicurezza” (DdL 733) che il governo si appresta a varare a fine gennaio.
Il massacro di Gaza dimostra invece che il razzismo e l’apartheid, da qualsiasi parte vengano, portano sempre a politiche di violenza e di sterminio contro cui occorre lottare e resistere.

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Chiudere CasaPound. A Bologna e ovunque. Ora. Assemblea pubblica promossa dal cs Tpo

Anche secondo noi ricordare il passato vuol dire agire nel presente affinché ogni forma di razzismo e di fascismo non abbia più alcuno spazio nella nostra società. Tantomeno abbiano spazio questi telefascisti all’arrembaggio dal volto attraente. Pertanto parteciperemo e invitiamo a partecipare all’assemblea pubblica promossa dal cs Tpo


Chiudere Casa Pound. A Bologna e ovunque. Ora.

Noi riteniamo inaccettabile la presenza di una sede fascista nel centro della nostra città.
Questo è il punto di partenza della riflessione che abbiamo iniziato e che vogliamo condividere con tutti voi.

Casa Pound a Bologna è situata in Piazza di Porta Castiglione 12, sulle mura di accesso al centro storico, sul perimetro dei Giardini Margherita, appena prima della salita ai Colli, in un quartiere che frequentiamo anche noi.
Al civico di Piazza di Porta Castiglione 12 c’è una sede fascista, una cellula di un’organizzazione nazionale che sta inaugurando basi in tutte le principali città italiane, Parma e Reggio Emilia sono altri due recenti esempi.

Casa Pound non è un insieme di reduci e nostalgici: è un movimento di destra moderno, ampio, dal linguaggio contemporaneo ed in rapidissima espansione. Ed è pericoloso, anche per le violentissime e ripetute aggressioni contro migranti, militanti di sinistra e studenti.
Per questo Casa Pound va chiusa, a Bologna e ovunque. Ora. Prima che i danni della sua presenza siano materialmente troppo evidenti per essere fermati, prima che la sua diffusione divenga metastasi.

Il passato della nostra città è stato costellato dalle iniziative assassine di fascisti e nazisti; talvolta, inoltre, Bologna è stata usata come laboratorio di sperimentazione delle pratiche reazionarie.
Ma Bologna è stata anche la città che ha saputo fondarsi sulla capacità di lottare e sconfiggerli ed è nel nostro codice genetico la capacità di liberarci. Da questo dipende anche la possibilità di costruire una città diversa, libera, senza razzisti e senza gli incubi del passato.

E’ tempo di farlo, prima che sia troppo tardi.

Assemblea pubblica
Presentazione del dossier Chiudere Casa Pound prodotto dal TPO

Sala del Baraccano
Martedì 27 gennaio 2009 ore 20.30
Via Santo Stefano 119 Bologna

Partecipano:
Giacomo Russo Spena, giornalista, Il Manifesto
Luca Alessandrini, Istituto Parri
Andrea Forlani, presidente Quartiere Santo Stefano
Sono stati invitati a partecipare: Anpi, Aned, Antagonismo Gay, MIT

Centro sociale TPO, Bologna

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Neri nei campi nazisti – Serge Bilé 2005

Serge Bilé, giornalista ivoriano che lavora in Martinica e in
Francia, ha realizzato nel 1995 un documentario dal nome NOIRS DANS
LES CAMPS NAZIS, 50 minuti di interviste ai pochi sopravvissuti neri
dei lager nazisti, e con le testimonianze di chi ha conosciuto
direttamente altri che non ce l’hanno fatta. Nel 2005 è uscito il
libro omonimo, che raccoglie tutte le testimonianze del documentario,
aggiungendovi altre ricerche fatte da studiosi, ed una interessante
bibliografia.

 

 


 

La commemorazione dell’apertura dei cancelli di Auschwitz ogni 27
gennaio non dovrebbe restare solo una celebrazione ritualizzata della
presunta "unicità" nella storia della Shoah ebraica: dovrebbe
diventare occasione per ribadire un forte patto morale di
sopravvivenza collettiva, affinchè l’uomo (non solo il nazista) non
possa mai più annientare l’uomo (non solo l’ebreo).
Ricordare la Shoah ha un significato reale solo se si impone un fermo
"mai più" a TUTTI a tutti i genocidi, solo se si lotta per scongiurare
tutti quei frangenti in cui il sonno della ragione genera mostri.
Il dovere della memoria s’impone per tutte le vittime della barbarie
nazista: rom e sinti, omosessuali e lesbiche, disabili mentali,
prigionieri russi e slavi, anarchici e comunisti.
Eppure continua un silenzio incomprensibile sulle vittime nere:
africani, antillani, afroamericani, afro-tedeschi (originari dei
territori d’oltremare dell’impero coloniale prussiano), meticci (nati
da matrimoni misti in Germania), che hanno conosciuto la
discriminazione, la deportazione e la morte sotto il regime nazista.
Secondo le stime ipotizzate nel libro di Bilé, dalle 10.000 alle
30.000 persone di colore sono state annientate nei campi o
semplicemente fatte fuori o sterilizzate. Ma a tutt’oggi quasi nessuno
si ricorda dei "neger" nominati chiaramente nei testi delle leggi di
Norimberga.
E’ bene ricordare che l’ideologia genocidaria ha trovato le prime
feroci attuazioni in seno alle politiche coloniali e imperialiste
europee dei secoli scorsi, con 10 milioni di congolesi sterminati da
Re Leopoldo del Belgio, e 100.000 Herero sterminati dal Kaiser in
Namibia, tanto per fare due esempi illuminanti.
Nel libro sono raccolte inoltre le storie (quelle conosciute) di
quegli africani o antillani che in Europa hanno partecipato
attivamente alla Resistenza antifascista e antinazista, provenendo da
esperienze di lotta anticoloniale. Il minimo che possiamo fare è
riportare alla luce e ricordare tutti i loro nomi.
Dopo aver ascoltato le tante testimonianze della criminale pratica
"purificatrice" del regime nazista, si può capire meglio quale fu
l’umiliazione provata da Adolf Hitler nel 1936 davanti alla vittoria
olimpica del grande atleta afroamericano Jesse Owens….

 

Per ricordare nel Giorno della Memoria alcuni nomi:

VALAIDA SNOW: grande jazzista afroamericana, nata nel Tennessee nel
1903 in una famiglia di musicisti, con un talento eccezionale per la
tromba, strumento considerato maschile all’epoca.
Negli anni 30 lavora in Europa, nel 1939 è a Parigi, ma invece di andarsene come le
consigliava l’amica Josephine Baker, va in Danimarca e lì viene presa
prigioniera dai nazisti, e internata in un lager per due anni.
Viene fortunosamente liberata, e torna negli USA nel 1942.
Riprende a suonare e fare spettacoli fino alla morte avvenuta nel 1956.

RAPHAEL ELIZE’: veterinario martinicano, nato nel 1891 ed eletto nel
1929 in Francia come primo sindaco di colore. Socialista, realizzò
ottimi progetti nella sua cittadina di Sablé sur Sarthe, e nel 1931
propone al Consiglio comunale di votare in sostegno dei repubblicani
spagnoli in lotta contro Franco.
Viene destituito nel 1940 per la pressione delle autorità naziste, che ritenevano inconcepibile che un nero potesse fare il sindaco di una città europea.
Elizé si unisce dunque alla Resistenza, ma viene denunciato e arrestato, poi deportato
a Buchenwald nel 1943. Le sue condizioni di salute erano buone, ma morì nel campo nel 1945 a causa di un inutile bombardamento alleato.
De Gaulle gli rese omaggio passando per la cittadina che aveva amministrato.

ANTON DE KOM: Anticolonialista e antimperialista del Suriname (ex
Guyana Olandese), militante del Partito Comunista Olandese, poliglotta
con più di cinque lingue parlate.
Nato nel 1898 da una famiglia di ex-schiavi, nel 1921 parte per l’Olanda, dove lavora e sposa una donna olandese.
Nel 1933 torna in Suriname dando filo da torcere alle autorità coloniali olandesi: viene arrestato e poi rispedito in Olanda, nel frattempo invasa dai tedeschi, dove si unisce alla
Resistenza.
Nel 1944 viene arrestato dai nazisti e deportato a Sachsenhausen poi a Neuengamme. Muore di tubercolosi nel campo nel 1944.
Oggi l’Università del Suriname porta il suo nome.

HILARIUS GILGES: sindacalista, attore e ballerino membro di un gruppo
teatrale anarchico ostile al regime.
Fu catturato dalla Gestapo e brutalmente assassinato a Dusseldorf nel 1933, a 24 anni.
E’ la prima vittima conosciuta del nazismo, e una piazza di Dusseldorf oggi porta il suo nome.
Il suo omicidio fu un chiaro avvertimento per tutti gli altri neri, di cui solo gli afro-tedeschi presenti in Germania all’epoca erano circa 24.000 persone.

JEAN VOSTE’: Belgo/congolese che si impegnò nella Resistenza in
Belgio, effettuando azioni di sabotaggio dei binari ferroviari.
Viene arrestato nel 1942 e passando di prigione in prigione arriva a
Mathausen, e poi infine a Dachau. Salvò la vita ad un suo compagno
belga, avvisandolo in tempo delle selezioni per i forni crematori.
Sopravvissuto, vivrà in Belgio fino al 1993.

JOHN WILLIAM: franco/ivoriano, accusato di sabotaggio in una
fabbrica di Montluçon dove lavorava come operaio, viene arrestato e
deportato nel campo di Neuengamme all’età di 22 anni.
Nonostante le dure condizioni di cattività, John sopravvisse grazie alla forte
solidarietà esistente tra i francesi del campo.
Dopo la liberazione, è poi diventato un noto cantante.

THEODOR WONJA MICHAEL: afro/tedesco di origine camerunense nato nel
1925, ha vissuto a Berlino la persecuzione nazista sulle persone di
colore.
E’ un sopravvissuto dei campi.

CARLOS GREYKEY: afro/catalano nato a Barcellona da genitori guineani
nel 1913.
Alla salita al potere del caudillo Franco, la famiglia si rifugia in Francia. Nessuno sa come Carlos arrivò in Germania, ma fu deportato a Mathausen, dove fu adibito per un pò di tempo come servo del comandante del campo, con una divisa da maggiordomo per maggior
scherno.
Caduto in disgrazia, venne spedito alle camere a gas.

MOHAMED BAYUME HUSEN: nato nel 1904 a DarEsSalaam in Tanzania,
figlio di un ascaro delle truppe coloniali tedesche, truppe in cui
anche lui combatte durante Prima Guerra Mondiale.
Nel 1929 è in Germania per reclamare la sua pensione di combattente, senza successo.
Lavora come cameriere e come insegnante di swahili, ed anche come attore in molti film in cui recita il ruolo del soldato.
Nel 1932 sposa una tedesca da cui ha 3 figli. La situazione della famiglia
sotto il regime nazista peggiora sempre di più, gli viene tolta la
cittadinanza, perde i lavori, e gli viene rifiutato l’arruolamento per
la Seconda Guerra Mondiale (che aveva chiesto per dimostrare la sua
fedeltà alla Germania).
Nel 1941 la sua amante tedesca partorisce un figlio, che lui incoscientemente vuole riconoscere ufficialmente all’anagrafe: viene perciò accusato di inquinamento della razza
ariana e arrestato, poi deportato a Sachsenhausen.
Muore nel campo, nel novembre 1944.

 

e tantissimi altri le cui storie non conosceremo mai….

 

Recensione con foto su:
http://wildsidez.xzshare.com/

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Riprendiamoci la Giornata della Memoria!


Nella ricorrenza della Giornata della Memoria, il 27 gennaio 2009 Fuoricampo Lesbian Group organizza a Bologna una bella serata su R/esistenze: figure di lesbiche “scomode” durante il nazi/fascismo. Un’iniziativa su questi temi è anche quella che si terrà a Rimini il 30 gennaio, Il triangolo nero e lo sterminio nazista. Ad Aosta Collettivamente Memoria 2009 invita a riflettere sulle leggi razziali fasciste del 1938 attraverso un percorso che parte dal fatto storico per giungere alla deriva, tutta italiana, dei provvedimenti del 2008 del Ministro dell’Interno Maroni.
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Corteo regionale: vita, terra e libertà per la Palestina

LA TREGUA NON FERMA LA SOLIDARIETA’
Manifestazione regionale per la Palestina

Bologna sabato 24 gennaio, piazza dell’Unità
Concentramento ore 16.30 partenza corteo 17.30

Il 24 gennaio il movimento di solidarietà con il popolo palestinese organizza un corteo regionale. In questi giorni si sono susseguite polemiche strumentali tese a criminalizzare i migranti che hanno dato un grosso contributo ai movimenti di solidarietà con la Palestina. Il corteo attraverserà le strade del centro cittadino.

Contro l’occupazione israeliana della Palestina
Basta con l’impunità del terrorismo di stato israeliano
Per il diritto al ritorno dei profughi e la libertà dei prigionieri politici palestinesi
Rompere ogni complicità politica, militare, economica tra lo stato italiano-istituzioni della Regione Emilia Romagna e Israele
Le bombe uccidono le persone, l’informazione manipolata uccide le coscienze

VITA TERRA E LIBERTA’ PER LA PALESTINA

Prime adesioni:
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No all’apartheid scolastico!


È uscita il 15 gennaio la circolare ministeriale relativa all’iscrizione alle scuola per l’anno scolastico 2009/2010. Nella circolare vengono di fatto attivate e regolamentate, in sole 5 righe, le classi ponte della mozione Cota.

L’articolo 10 relativo all’assegnazione alle classi degli alunni con cittadinanza non italiana recita:

«I collegi dei docenti possono valutare la possibilità che l’assegnazione definitiva alla classe sia preceduta da una fase di alfabetizzazione strumentale e di conoscenza linguistica anche all’interno di specifici gruppi temporanei di apprendimento, finalizzata a favorire un efficace e produttivo inserimento, utilizzando le eventuali ulteriori disponibilità dell’organico d’istituto».

Non abbiamo specifiche competenze pedagogiche, ma riteniamo che anche questo provvedimento si inserisca entro il quadro delle recenti normative discriminatorie e xenofobe. Anziché istituire corsi integrativi pomeridiani, la circolare dà la possibilità di concentrare e isolare gli studenti immigrati in appositi contenitori temporaneiCome denuncia Scuolapertutti: «il rischio di segregazione è elevato». E nel clima presente di degrado civile e umano, questo provvedimento risulta tanto più odioso perché colpisce bambini e ragazzi…

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Con Rafia, per la libertà dei migranti


Nell’esprimere la nostra solidarietà a Rafia, denunciato in base a una legge di epoca fascista, ripubblichiamo il comunicato del Coordinamento migranti di Bologna e provincia e invitiamo a partecipare alla manifestazione del 24 gennaio a Bologna. Contro i bombardamenti su Gaza, contro l’embargo, contro ogni apartheid e ogni razzismo, contro il “Pacchetto sicurezza”, il “reato di clandestinità”, le “classi ponte per stranieri” e ogni tipo di discriminazione!

QUESTA GUERRA DI RELIGIONE NON È LA NOSTRA
CON RAFIA, PER LA LIBERTÀ DEI MIGRANTI DI MANIFESTARE!

Apprendiamo con sconcerto che la procura della Repubblica di Bologna ha aperto un fascicolo contro un compagno, Rafia, da sempre impegnato nei percorsi di organizzazione dei migranti e di lotta per i loro diritti e la loro libertà. Non ci stupisce che la legge invocata sia stata emanata in pieno regime fascista. Tutto questo attecchisce bene, nel clima di generale di criminalizzazione dei migranti creato dal pacchetto sicurezza. Dopo il tentativo di vietare la manifestazione del prossimo 24 gennaio nel centro cittadino, questa denuncia è solo l’ennesimo esempio della volontà sempre più aggressiva di alcune forze politiche di rendere la protesta contro il massacro di Gaza una guerra di religione da combattere contro i migranti proprio nel centro di Bologna.
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