Ripubblichiamo da Bassa questa interessante analisi post-voto dei meccanismi cultural-comunicativi della Lega Nord nella Bassa Bergamasca. Certo è che prima o poi l’incantesimo si romperà, prima o poi rinascerà un’opposizione sociale in grado di proporre UNA idea di società (contro lo zero assoluto leghista: la loro società “anti-kebab” NON è infatti un’idea di società, non risolve alcun problema, a partire dal lavoro e dalla crisi economica!).
Per conoscere e contrastare la Lega Nord, che costituisce uno degli assi portanti del nuovo autoritarismo razzista, risulta utile ancor oggi il saggio Tra post-fordismo e nuova destra sociale di Primo Moroni (edito nel 1993 e ora giustamente riproposto da Carmilla) e le recenti Cronache dal profondo Nord di Diego Negri (prima e seconda parte). Se avete letto altre analisi o riflessioni importanti sulla Lega Nord, segnalatele nei commenti. Decifrare i meccanismi dell’oppressione vuol dire promuovere strategie efficaci di resistenza.
La Lega nella Bassa. Alcune riflessioni a bocce ferme dopo le elezioni europee e amministrative
Le ultime elezioni amministrative hanno visto nella Bassa Bergamasca una forte avanzata della Lega Nord. Comuni storicamente a sinistra (o centro sinistra) sono caduti uno dopo l’altro. Le ragioni di questa vittoria, più che nella capacità e nel valore delle sezioni e delle amministrazioni leghiste, vanno ricercate nella capacità del partito di Bossi di creare linguaggi e parole d’ordine in grado di monopolizzare e indirizzare il discorso politico.
La Lega è l’unico partito in grado di farlo: il PDL sopravvive grazie al culto della personalità, il PD annaspa e si rivela contenitore vuoto e privo di identità, la sinistra radicale implode indignitosamente (e no, non basta dire che sommando i voti dei vari partitucoli si prende il 6%).
Comunque qui non si parla di programmi, qui si parla di “cultura popolare”, ed è il partito del senatur a farla da padrone.
In sostanza il programma leghista si compone di questi due video: guarda il primo e il secondo.
Attenzione i video non sono la sintesi del programma leghista, sono IL programma. Non c’è altro.
In prima lettura salta all’occhio l’individualismo esasperato (“io ho paura, io sono incazzato”) espresso dai titoli, strana anomalia: non si parla di “noi” popolo padano, “noi” partito, si parla solo di singoli lasciati soli nelle proprie paure, nei propri problemi.
Nel primo video la ragazza protagonista è vittima di un delirio paranoide in cui ha paura della propria paura, non è in grado di “essere donna” perché in tal caso sarebbe stuprata e si chiude in casa aggrappata alle inferriate della finestra; caratteristica fondamentale è che la paura della ragazza si reifica in una strada buia, in un portone scuro, in una fermata dell’autobus la sera, non in persone in carne ed ossa né in determinate categorie sociali (migranti, tossici, sbandati, ecc.). La mancata declinazione della paura in un oggetto concreto rende quest’ultima “infinita”, paradossalmente dal video si potrebbe desumere che la ragazza ha paura di uno zio che la molesta come anche della vicina che la guarda male. In tal modo la gestione della paura nelle mani leghiste è uno strumento adattabile ad ogni contesto e situazione, dalla paura di chi spaccia alla paura di chi fa chiasso la sera, alla paura di chi va veloce in auto alla paura di chi contesta la Lega e così via.
Il secondo video invece recupera l’altro aspetto della Lega (significativo il fatto che la donna è esclusivamente vittima della paura, mentre il ragazzo protagonista di questo video è sì vittima, ma è in grado di riscattarsi con la propria rabbia, giusto per rimarcare il becero sessismo del partito padano): il protagonista è incazzato a causa della classe politica inconcludente, dell’impossibilità di realizzarsi (“i miei nonni avevano un sogno, ma non si è mai realizzato”) e di chi “ruba” i suoi quattro soldi. La rabbia generata dall’ingiustizia sociale viene prontamente diretta verso i migranti, i cui volti scorrono sotto le parole del giovane.
È da rimarcare anche il fatto che in questi video non venga proposta alcuna soluzione ai problemi (fittizi o reali) enunciati: la Lega si limita a rimanere sullo sfondo, come l’unico partito in grado di “ascoltare” la “gente”. È un simbolo del cambiamento della politica della Lega (dovuto in parte anche all’essere divenuto stabilmente partito di governo), dove se qualche anno fa per contrastare le tasse di Roma ladrona si doveva indossare un copricapo vichingo e bere l’acqua del Po nella schizofrenica e ridicola ricerca di un’identità celtica, ora per superare le ingiustizie sociali basta semplicemente essere intolleranti verso gli stranieri, i diversi, gli altri.
In sintesi la Lega non fornisce risposte, ma asseconda (“l’ascoltare la gente”) quelle pulsioni intolleranti che essa stessa ha contribuito a creare; un frutto della campagna culturale, popolare e mediatica che la Lega ha condotto nell’ultimo decennio è il video “Frontiere Chiuse”, della cantante Alida; il video non è stato commissionato dal partito di Bossi, né la cantante è militante leghista. Guarda il video.
Il liscio ha sempre usato temi di attualità popolare nei testi delle proprie canzoni come il papa, padre Pio, anche la guerra in Iraq e l’attentato di Nassyria (si veda a riguardo la canzone “Eravamo in 19” dell’orchestra Bagutti); l’uso però della sicurezza e dei clandestini è appunto il segnale di come la Lega abbia saputo innestare queste parole d’ordine all’interno della cultura popolare, travalicando il confine dei propri militanti e simpatizzanti.
Ma il raggiungimento di tale obbiettivo da parte del partito di Bossi è dovuto al fatto di non aver trovato oppositori; la Lega è stata in grado di creare quel terreno di coltura dell’intolleranza che oggi forma il suo bacino elettorale, senza trovare ostacoli.
Se volete un esempio recente di ciò cliccate pure qui.
Ciò non toglie che gli strumenti in mano ai leghisti siano infallibili. Ne è un esempio lo scarto presente in tutti i comuni della Bassa Bergamasca tra i voti ricevuti dalla Lega alle europee e i voti ricevuti alle amministrative: le liste comunali leghiste hanno preso molti voti in meno di quanto il partito padano ha raccolto in Europa.
Sintomo questo di come la concretizzazione degli slogan leghisti in programmi elettorali riferiti a piccole realtà, e quindi direttamente verificabili nella loro efficacia da tutti, mostri l’incapacità della Lega di agire al di fuori della sfera emozionale/comunicativa della paura e della sua gestione, altro che “partito del fare”.
Nonostante questo, il divario tra europee e amministrative ha comunque permesso ai candidati leghisti di installarsi in molti comuni, anche perché, come prima si è detto e come non ci si stanca di ripetere, l’opposizione è praticamente inesistente, salvo rare eccezioni.
Una di queste, forse la più lodevole, riguarda il comune di Arcene; in questo paese il segretario provinciale della Lega nonché cittadino arcenense Cristian Invernizzi si è candidato alla carica di primo cittadino, certo di vincere a mani basse. Purtroppo per lui, ma non per noi, si è trovato di fronte ad un candidato sindaco competente, conosciuto e dalle idee chiare, che è stato in grado di togliere alle lega più di 900 voti su circa 3000 votanti.
Il povero Invernizzi è stato così costretto ad accontentarsi della poltrona di assessore alla sicurezza del comune di Bergamo, un ottima poltrona per un trombato di tale portata.
Per sintetizzare questo lunga analisi, che comunque ha tralasciato numerosi aspetti della politica leghista, oggi ci si trova con un partito che, fondando il proprio potere sulla capacità di suscitare emozioni e paure, non ha la minima idea di come gestire il territorio che gli è stato praticamente consegnato dalle opposizioni, e che ha ottenuto sfruttando l’intollerante onda lunga del suo simbolo. Ed è proprio per nascondere questa incapacità di gestione, incapacità scellerata in un periodo di crisi come questo, che nei prossimi mesi si vedrà un proliferare di ordinanze grottesche e pericolose (che già si vedono nelle leggi regionali anti-kebab) e a cui è ancora più necessaria un’opposizione ferma e decisa, che sia in grado di riaffermare che la Bassa Bergamasca (ma non solo) è antirazzista e che ripudia con forza l’intolleranza leghista.