Nell’antichità il 25 dicembre era la festa del Sol invictus, il Sole che torna a vincere sulle tenebre e sul graduale accorciarsi delle ore di luce durante l’inverno. Era un culto pagano diffuso sulle rive del Mediterraneo che la Chiesa non riusciva a cancellare. Ci riuscì alla fine con il Natale…
Oggi per il potere sarebbe difficoltoso e controproducente cancellare il 25 aprile, come pure era stato proposto l’anno scorso. Anzi, cancellarlo rischia di creare resistenze e rilanciare il senso originario della Festa della Liberazione. Così le destre cercano ora di appropriarsi della giornata per cancellarne il significato. È il “25 aprile di tutti”, “la festa della libertà” (al suono di divieti, bugie e manganellate).
Ad Aosta, per celebrare il 25 aprile viene proibita «l’esecuzione di pezzi musicali (come ad es. Bella Ciao o Fischia il Vento) che, pur richiamandosi alla Resistenza, non sono compresi negli inni ufficiali» (vedi mariobadino).
Intanto, La Russa commemora come “comandanti partigiani” alcuni golpisti e Berlusconi rivendica la buonafede di chi ha combattuto dalla parte sbagliata (vedi ombra).
A Cagliari il 25 aprile sfilano i fascisti e vengono caricati e picchiati gli antifascisti (vedi zic.it, the-stobados).
Di fronte a queste manovre inquietanti, anche il presidente Napolitano se la prende con chi vuole «svalutare e diffamare, come purtroppo è accaduto e ancora accade, l’esperienza partigiana il cui contributo, piaccia o non piaccia, fu determinante per restituire dignità, indipendenza e libertà all’Italia».
Meglio tardi che mai. Fino a ieri nel coro della memoria condivisa c’era anche lui… E a Napolitano si deve la prima legislazione razzista italiana dopo quella del 1938, la legge Turco-Napolitano del 1998.
Anche questo sussulto presidenziale non è un bel segno.
Ma tante e tanti non hanno certo bisogno delle istituzioni per ricordare, e la memoria vive e resiste attraverso le generazioni. A Onna in Abruzzo, dopo lo squallido elogio della buonafede dei repubblichini pronunciato da Berlusconi, i partigiani della Brigata Maiella dicono “I repubblichini? Loro ci sparavano. Noi combattevamo contro i tedeschi”.
Da parte nostra, un grazie e un saluto ai partigiani della Brigata Maiella che nel 1945 liberarono Bologna e che oggi resistono ancora alle bugie del potere.
Quest’anno, per la prima volta, il Comune di Roma non ha invitato l’Anpi a partecipare alle iniziative promosse per la festa della Liberazione. L’Anpi ha perciò organizzato un suo presidio a Porta San Paolo, luogo simbolo della resistenza romana.