«Fischiare, fischiare: un modo, il loro, per dire che esistono. Un’infantile ricerca di visibilità» (Paolo Bolognesi sul “Corriere”).
In un angolo della piazza vicino al palco:
– Comunque siamo ancora in democrazia, no? Lei applaude, e io fischio.
– Qui non c’è nessuna democrazia, cretino!
In un altro angolo:
– Guarda che questa manifestazione è nata per ricordare i morti.
– No, questa manifestazione è nata perché la gente era incazzata!
Ogni 2 agosto le parole e gli insulti che volano tra chi fischia e chi cerca di impedirlo testimoniano che in quella piazza si esprimono due verità differenti: quella perbenista, e talora ipocrita, delle istituzioni che parlano lungamente dal palco; e un’altra che va invece nascosta, delegittimata, impedita, fino al sequestro dei volantini e alla denuncia per “vilipendio” avvenuti nel 2007, fino alla disonestà odierna dell’editoriale preventivo.
1. Da una parte, vi sono i discorsi ufficiali, tutti fondati su una netta opposizione tra democrazia e terrorismo. La democrazia sarebbe buona, accogliente, benefica, irreprensibile. Le compromissioni dello “stato democratico” nella strage del 2 agosto vengono così o taciute o ricordate come casi episodici di “deviazioni”. Ogni anno, da 28 anni, i familiari delle vittime bussano inutilmente alla porta dei governi più diversi per chiedere la verità sui mandanti della strage e l’abolizione del segreto di stato. Ogni anno il ministro di turno promette, sorride, stringe mani. Tutti sanno già che non cambierà nulla. Da alcuni anni, poi, il Terrorista è ritratto sempre più come un “mostro”, come un agghiacciante scherzo di natura, come qualcosa di totalmente estraneo alle strategie di potere dello Stato, rimuovendo gradatamente la verità storica sullo stragismo neofascista.
È il revisionismo alla Cofferati, meno smaccato e invadente delle fandonie di Cossiga e di AN, ma pur sempre disponibile a qualche concessione: ad esempio il primo maggio 2007 il sindaco Cofferati, a nome della città di Bologna, ha dato dal palco il benvenuto al sindacato di estrema destra UGL parlando davanti a uno striscione di solidarietà allo stragista nero Luigi Ciavardini: “Strage di Bologna: Ciavardini innocente”. Non ha fatto una piega. Del resto, già nel 2004 il primo discorso di Cofferati per il 2 agosto aveva ricevuto il plauso di Forza Italia e AN…
2. Ma vi è un’altra verità che oggi si cerca di soffocare in ogni modo, proprio mentre ci si appella alla “memoria”. Noi la portiamo in piazza ogni anno, come possiamo, anche con i fischi. Dalla strage di piazza Fontana del 1969 a quella di Bologna del 1980, l’Italia ha sperimentato dolorosamente una lunga serie di azioni terroristiche guidate da interi scomparti dello Stato e da neofascisti da questi personalmente organizzati, indirizzati, finanziati e protetti. Fin dal principio lo scopo era quello di promuovere con la violenza un “ritorno all’ordine”. Si voleva costringere la volontà diffusa di una diversa e più giusta organizzazione sociale di nuovo entro i ranghi oppressivi del lavoro salariato e dell’autoritarismo scolastico. Senza più dibattiti, contestazioni, lotte, antagonismi.
A lungo preparata, la strage di Bologna fu uno di questi capitoli e la sua verità storica non può essere staccata dalla storia dello stragismo neofascista e dei suoi appoggi istituzionali di ieri e di oggi. Quando nel 1994 fu emessa la condanna della Corte di Appello contro Mambro e Fioravanti come esecutori materiali della strage, sul “Corriere della Sera” apparve un’intervista ai due terroristi, dal titolo “Loro al governo, noi all’ergastolo”. Leggiamone solo l’inizio:
“Ma guarda Teodoro… E Gianfranco… E Francesco…”. Ogni volta che comincia un telegiornale, in un paio di celle di Rebibbia due bocche si spalancano con divertito stupore. Perché a loro, Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, marito e moglie, condannati a diversi ergastoli per diversi omicidi politici commessi durante la loro forsennata avventura contro tutto e tutti tra le file dei Nuclei armati rivoluzionari, la novità fa ancora un certo effetto. Quelli che adesso sono lì, al governo, a trattare di presidenze bicamerali e consigli d’amministrazione, sono proprio i ragazzi con cui sono cresciuti, tra volantini, sprangate, manifestazioni, lutti, passioni…”
Oggi come ieri, Mambro e Fioravanti combattono la loro battaglia e sempre con buone coperture istituzionali. Dopo aver promosso il neofascismo con le bombe, ora lo fanno con le parole, le interviste, le menzogne, mentre i giovani fascisti tornano a uccidere, picchiare e tirare molotov contro centri sociali e campi nomadi.
Ma dimenticare la specificità delle stragi di stato pare diventato ormai un obbligo istituzionale a cui nessuno si sottrae. Dopo il revisionismo su fascismo e Resistenza, il revisionismo sul neofascismo stragista è un passo decisivo sulla via di un nuovo regime totalitario.
Ogni anno, quello che portiamo in piazza non è solo il lutto per le stragi di stato, ma anche il dolore perché quei morti sono serviti a costruire un mondo più ingiusto, ipocrita e violento. Per questo finora abbiamo sempre fischiato i rappresentati delle istituzioni: e lo abbiamo appreso proprio in quella piazza, nel corso degli anni, da gente comune che sapeva che lo stato non processa se stesso.
Tuttavia, poiché vi sono due verità è giusto che vi siano anche due commemorazioni. Così, per il prossimo 2 agosto, avanziamo la proposta di un’iniziativa pomeridiana alternativa, autorganizzata, semplice, lontana dagli insulti e dalle polemiche.